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Il dilemma: Regione o Parlamento?

In undici restano incollati a due sedie. Sei consiglieri del Pdl e cinque del Pdl non scelgono. Difficoltà amministrative.

 

Ogni promessa è stata finora disattesa. Nessuno degli undici consiglieri regionali eletti in Parlamento (sei Pdl, cinque di centrosinistra) ha depositato l’opzione per scegliere se restare in Puglia o andare a Roma. La promessa più impegnativa resta quella del Pdl. Nella conferenza stampa a commento del voto politico, lo scorso 28 febbraio, il capogruppo in Regione Rocco Palese si espresse così: «Il 15 marzo tutti e sei i consiglieri regionali del Pdl che sono stati eletti alla Camera o al Senato opteranno per il Parlamento. Noi non cincischiamo». Il 15 marzo, giorno dell’insediamento delle Camere, è passato da nove giorni. E fino a ieri nessuna opzione era arrivata negli uffici. Non va meglio nel centrosinistra: nessuno degli eletti — a cominciare dal presidente Vendola, che ha dichiarato di voler restare in Puglia — ha esercitato l’opzione: tutti restano contemporaneamente parlamentari e consiglieri regionali. Il che finisce per complicare la vita all’istituzione regionale.

Il Consiglio convocato per il 26 marzo è stato rinviato al 2 aprile, per l’assenza dei parlamentari di centrosinistra convocati a Roma a causa delle consultazioni per la formazione del governo. E anche a voler prescindere da Vendola, l’assenza di 10 consiglieri provoca contraccolpi sull’ordinaria attività delle commissioni. Il presidente dell’Assemblea Onofrio Introna aveva lanciato un appello perché le opzioni arrivassero rapidamente. Inutilmente. Intanto, i primi dei non eletti fremono per poter subentrare a deputati e senatori. Ma non è detto che poi tutti i parlamentari scelgano di restare a Roma: considerata la labilità della legislatura appena cominciata, qualcuno sta considerando di restare in Puglia. Lo stesso Rocco Palese, eletto deputato, sarebbe incerto. Il suo posto in Consiglio (assegnatogli in quando candidato governatore sconfitto) toccherebbe al foggiano Giuseppe Pica. Al deputato tarantino Gianfranco Chiarelli subentra Giuseppe Cristella. L’altro onorevole, il salentino Roberto Marti, sarà avvicendato da Aldo Aloisi. Queste le previste surroghe dei tre neo-senatori: il foggiano Lucio Tarquinio lascia il posto a Roberto Ruocco, il brindisino Pietro Iurlaro a Marcello Rollo (ora Udc) e il barese Massimo Cassano a Tommi Attanasio (ora con Lista Emiliano).

Vendola lascerà la Camera, dove gli subentrerà il consigliere regionale Arcangelo Sannicandro. L’onorevole barese Antonio Decaro, Pd, lascia il posto a Michele Monno; il tarantino Michele Pelillo ad Anna Rita Lemma; il brindisino Toni Matarrelli (Sel) sarà sostituito in Consiglio da Leo Caroli, nominato qualche giorno fa assessore regionale al Lavoro. Al posto del senatore leccese Dario Stefàno (Puglia per Vendola) entra Antonio Galati. Un’annotazione: ai consiglieri eletti in Parlamento viene pagata una sola indennità, quella che si sceglie al momento dell’insediamento (in genere viene preferita quella parlamentare, considerata più ricca). Intanto, il quadro politico è in movimento. Dopo la tregua firmata tra Vendola e il Pd, ieri è «scoppiata la pace» tra Michele Emiliano e Sergio Blasi (presidente e segretario del Partito democratico). In seguito alle polemiche sorte attorno alla costituzione della giunta (che porta il segno di un intervento di Emiliano e della sordità alle richieste di Blasi) hanno firmato una nota congiunta: «Il Pd — scrivono — è compatto a sostegno di un’azione decisa e positiva per il governo della Puglia».

Poi rintuzzano l’attacco che arriva dal Pdl. Palese e gli altri capigruppo di centrodestra hanno depositato un’insidiosa mozione con la quale chiedono a Vendola di portare a 10 il numero degli assessori, con massimo due esterni (invece sono 11, con ben cinque esterni). È la richiesta che era arrivata anche da parte del Pd (per ragioni di risparmio) e rappresenta il contenuto della norma statutaria che entra in vigore con la prossima legislatura. Blasi e Emiliano capiscono che una parte dei consiglieri democrat potrebbe essere sensibile alla mozione: dunque tengono a sottolineare che «il Pd aveva auspicato la massima sobrietà possibile». Come dire: è la nostra battaglia, ma non si ceda alle sirene dell’opposizione. Ieri si era diffusa la voce che la mozione fosse da giudicare «inamissibile» perché interferisce con le prerogative del governatore. Introna, che deve giudicare sul punto, sostiene di doverla prima studiare: «A prima vista, tuttavia, non credo sia inammissibile». L’altro versante di frizione è la sanità. Vendola, incontrando i gruppi di maggioranza venerdì, ha fatto sapere di voler dare una robusta sterzata alla sanità. «Nei prossimi giorni — conferma l’assessora alla Salute Elena Gentile — avvieremo un esame sull’attività di ogni Asl. Cambi di direttori generali? Nessuno, avvieremo solo la verifica di metà mandato». Il Pdl attacca. «Ci auguriamo — dice Palese — che la giunta non punti a ridistribuirre tra i partiti le poltrone delle Asl: nel caso daremo battaglia». Il capogruppo pd Pino Romano respinge le critiche: «Non neghiamo la necessità di rimettere ordine ad alcune cose nel nostro sistema sanitario. Ma le critiche del Pdl sono diventate davvero stucchevoli».

Francesco Strippoli

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