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Una necropoli sul Gargano il tesoro di Monte Pucci

La scoperta in località Calenelle, a Vico del Gargano. Si trova accanto a quella, già nota, d’epoca paleocristiana.

 

«Potrebbe dar lavoro a tutta l’Italia la Puglia dagli importanti siti archeologici» dove per esempio, da qualche giorno, non più solo secoli di letteratura, mito e leggende testimoniano la presenza del guerriero omerico Diomede. Accade sul Gargano, territorio che ha appena consegnato agli studiosi e all’umanità un anello d’oro dal castone in agata su cui è incisa la prima rappresentazione mai documentata su questo promontorio del profilo dell’eroe dell’Iliade; l’acheo Diomede in quest’immagine strappata all’oblio trattiene il Palladio, la statuetta raffigurante la dea Pallade donata da Zeus a Ilo perché Troia avesse il dono dell’inespugnabilità: il nostro la rubò, travestito, con Ulisse, da mendicante. Un anello che è la prova provata della viva presenza del personaggio di Diomede nell’immaginario collettivo degli abitanti del promontorio in epoca ellenistica. Siamo tra il terzo e il secondo secolo avanti Cristo. Per la verità, complici di questa importante scoperta sono stati un finanziamento regionale (Por Puglia 2000-2006, asse II, misura 2.1), i lavori per la realizzazione di un parco archeologico, il cedimento della parete di una cavità naturale in località Calenella di Vico del Gargano. E la sorpresa di trovarsi davanti 21 sepolture con i relativi corredi. All’inizio, una storia come tante. Una delle tante campagne di scavo dirette sul Gargano da Giovanna Pacilio, della soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia guidata da Luigi La Rocca. Formicai di archeologi ed esperti che portano alla luce reperti importanti. Pronti anche qualche mese fa a riconoscere ulteriori ipogei e necropoli paleocristiane, risalenti quindi ad un periodo compreso tra il IV e il VII secolo d.C. in località Monte Pucci, più precisamente Calenella di Vico del Gargano. E invece, la sorpresa di sepolture molto più lontane nel tempo e, nell’ipogeo «24», dell’importante documento. Avendo all’orizzonte, a poche miglia, le Diomedee Tremiti. Reperti che hanno attraversato il silenzio della Morte deposti, addormentati, sepolti dalla terra e dal tempo accanto ai corpi senza vita, per accompagnarli in un ricordo di quotidianità che mai più sarebbe stata. Invece. La Pacilio, che auspica una Puglia archeologica che dia lavoro all’Italia, ci racconta di oinochoe, cioè bottiglie e anforette vitree romane o preromane, di armille, bracciali, in bronzo, e di anelli con castoni in pasta vitrea e di collane con pivoli in oro oltre a lucerne e pettini e calzari. Tutti ritrovati in questi ipogei ellenistici appena scoperti. E disegna una geoarcheologia della Daunia segnalando tappe importanti e citando, tra l’altro, la Salapia che fu porto ed emporio di Arpi. «Dal V sino al III secolo avanti Cristo, a Sud-Est di Foggia. Era una grande palude, bacino di confluenza e foce di Ofanto e Candelaro. Dei corsi d’acqua dalle sorgenti appenniniche. Allora navigabili. Vie e canali di comunicazione e trasporto di frumento. Come da Siponto a Torre Pietra. Un territorio trasformato nei secoli dalle bonifiche. E che oggi la natura paludosa sembra essersi riconquistato. Un comprensorio interessantissimo, gravido di aspetti che ci si auspica di poter presto indagare»

Maria Paola Porcelli

 

 

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