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Peschici/ Kàlena nelle mani del (futuro) sindaco

Vecera: servono milioni, troppi per il Connme. Tavaglione: mi impegnerò.

 

Quale futuro per l’abbazia di Kà­lena? Il Centro Studi Martella di Peschici lo ha chiesto ai candida­ti sindaci alle prossime elezioni amministrative del 27 e 28 mag­gio in una lettera a firma del presidente Teresa Maria Rauzino. Tra "rimpallo indecoroso di responsabilità", "mancato decisionismo" e "inerzia del Comune di Peschici", la Rauzino ricono­sce la colpevole noncuranza, non soltanto dei privati proprie­tari degli immobili, ma anche da parte della Sovrintendenza pu­gliese ai Beni Architettonici, "che doveva vigilare alla loro tu­tela", scrive nella lettera parte in cui invita gli aspiranti primi cit­tadini a inserire nei programmi elettorali la badia fra più antiche d’Italia (872 d.C), con l’impegno a "dare un input risolutivo nei primi cento giorni di governo cit­tadino alla questione". L’espro­prio immediato per pubblica uti­lità, seguito da un adeguato pro­getto di ristrutturazione e valo­rizzazione che faccia di Kàlena un attrattore religioso-culturale importante, è la soluzione da adottare a giudizio del Centro Studi Martella che da ormai quindici anni circa porta avanti la battaglia per salvare dal de­grado e dall’indifferenza l’abba­zia un tempo abitata dai monaci benedettini, cistercensi e dai ca­nonici lateranensi, oggi di proprietà dalla famiglia Martucci. È una delle strade percorribili ma "occorrono diversi milioni di eu­ro per espropriare l’abbazia ed è un’operazione che non può fare il Comune", a giudizio di del sin­daco uscente Domenico Vecera che si rimette nelle mani dell’e­lettorato per rimanere alla guida del governo cittadino per un al­tro mandato. Nei cinque anni volti al termine, assicura, l’am­ministrazione comunale si è im­pegnata in ogni sede utile per la tutela del bene. "Già nel 2008, appena insediato, ricordo bene la data, il 29 settembre, siamo riusciti per la prima volta a far se­dere attorno a un tavolo la fami­glia Martucci, facendole sottoscrivere una convenzione, che è ancora in corso, in cui loro si im­pegnavano a cedere per qua­rant’anni l’utilizzo delle chiese, solo che in Regione è emerso che occorre ottenere la piena pro­prietà per un atto del genere". A Bari, nel corso degli ultimi cin­que anni, si sono tenuti più tavoli tecnici tra Regione, provincia, Comune, alla presenza della fa­miglia che detiene la proprietà del complesso abbaziale e della Soprintendenza, ricorda Vecera. "Ci siamo impegnati – afferma il sindaco ripercorrendo i passi pro Kàlena – come Comune, l’as­sessore Barbanente si è resa disponibile e anche l’amministra­zione provinciale, stanziando 100mila euro per il recupero". La soluzione era a portata di mano. "Ci sono 3milioni di euro dispo­nibili per il restauro delle chiese, e di questi tre milioni il 10% po­teva essere utilizzato per ristora­re i proprietari. In un primo mo­mento – continua Vecera – la fa­miglia si rese disponibile poi la trattativa si è arenata, e in que­sto, secondo me, la famiglia ha commesso uno sbaglio: avreb­bero potuto usufruire di un re­stauro a costo zero e in più di 300mila euro di ristoro. Se non si risolve questione proprietà, sarà molto difficile andare avanti". È il nodo cruciale della questione, ne è convinto anche l’ex primo cittadino, Francesco Tavaglio­ne, che cinque anni fa portava a termine il secondo consecutivo mandato e oggi si ricandida al governo della città. "La questio­ne di Kàlena è una questione che ho avuto sempre nelle mie corde e non ho difficoltà nel garantire un mio interessamento ancora più forte – dichiara -, ma dobbiamo superare il proble­ma con la famiglia, che si può su­perare solo attraverso un accor­do. Uno dei primi atti fatti dalla mia amministrazione è stato proprio quello di istituire una commissione "speciale per af­frontare il problema". Ne faceva­no parte Italia Nostra, lo stesso Centro Studi Martella e le altre associazioni di carattere am­bientale e culturale, con l’arcive­scovo monsignor Domenico D’Ambrosio, a ricoprire il ruolo di presidente onorario della commissione. "Abbiamo dovuto affrontare mille difficoltà relati­ve. ai rapporti con i quattro pro­prietari della famiglia Martucci – continua Tavaglione – e otte­nemmo un primo finanziamen­to di 350mila euro dal Ministero dell’Economia, grazie all’inte­ressamento dell’ex sindaco di Vieste, Domenico Spiana Diana, che allora era parlamentare del territorio, e successivamente in occasione dell’incendio del 2007, ricevemmo la visita dell’al­lora vice premier Francesco Rutelli approfittando di un ulterio­re finanziamento di 500mila eu­ro, Purtroppo questi finanzia­menti ottenuti non è stato possi­bile utilizzarli perché è venuta meno la possibilità di interlocu­zione con la famiglia", Le criti­cità, a suo dire, sono imputabili anche alla Soprintendenza che ha competenze di tutela e se "nell’ultimo decennio la que­stione è diventata di dominio pubblico ed è stata sensibilizza­ta opportunamente –sottolineata – ­è un grande merito del Centro Studi Martella e del suo presi­dente", " Il mio auspicio-aggiunge infine- è che la battaglia sia di tutti. Occorre una regia unica tra Comune, Provincia, Regione, Soprintendenza e associazioni".

Roberta Fiorenti
L’Attacco

 

 

 

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