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Sentimento Meridiano/ Regno delle due Sicilie: la fabbrica di Pietrarsa

La prima fabbrica metalmeccanica, per produttività ed estensione, era quella di Pietrarsa. Voluto da Ferdinando II, tra Portici e San Giovanni a Teduccio, a pochi chilometri da Napoli, il Reale Opificio di Pietrarsa fu costruito nel 1842 sul suolo di una vecchia batteria a mare. Nel 1860 era la fabbrica metalmeccanica italiana che occupava più personale:

1050 persone nei suoi ruoli al giugno 1860 (tre mesi prima dell’arrivo di Garibaldi a Napoli). 820 "artefici paesani" e 230 "operai militari" vi lavoravano mentre l’Ansaldo a Genova contava non più di 480 operai e la FIAT a Torino non era ancora nata. Pietrarsa fu un esempio ammirato all’estero e imitato in seguito nel Regno per la formazione che riuscì ad assicurare agli operai,per la qualità della produzione e per essere riuscita a ridurre il gap tecnologico che il Regno stesso aveva nei confronti dell’Inghilterra e degli altri Stati più industrializzati.

Su una superficie di 34.000 mq.,lo stabilimento possedeva diverse macchine a vapore (163 HP la potenza complessiva), un’officina per locomotive con 2 grandi gru a bandiera,24 torni, 5 pialle, 2
barenatrici, 5 trapani verticali, 2 macchine per viteria e una motrice a vapore da 20 HP; un’officina di artiglieria con 14 torni paralleli, 4 limatrici, una macchina per rigare i cannoni e una motrice a vapore da 8 HP. Vi erano incluse ancora un’officina per la costruzione di modelli,una fucina con 30 fuochi, una fonderia con 6 fornaci per ghisa, una piccola fonderia per bronzo, l’officina per la costruzione di caldaie con 2 gru, un trapano, una cesoia per lamiere di grande spessore, una punzonatrice, una pressa idraulica, 2 curvatrici per lamiere ed un forno per riscaldarle. La fonderia dei proiettili aveva un forno a riverbero, 4 fornaci e 3 magli a vapore per stampaggio; la grande ferriera (aggiunta al complesso dal 1853 e chiamata "Officina Ischitella") aveva macchine a vapore da 100 HP con 12 forni per il ferro grezzo, 4 forni di riscaldo e 5 treni di laminazione per profilati e
rotaie. A Pietrarsa si producevano svariatissime opere in ferro ricavandolo "di perfettissima qualità e di grosse dimensioni dal ferro acre dei proiettili inutili", si producevano caldaie, motrici e macchine a vapore di diversa potenza (per pirofregate come l’"Ettore Fieramosca", di 300 cavalli o per altre officine)e locomotive complete con sistema "Stephenson" (fino al 1853 ne erano state prodotte 6: "Pietrarsa", "Corsi", "Robertson", "Vesuvio", Maria Teresa", "Etna"; 20 complessivamente fino al 1860).  

A tal proposito, esempio dello spirito di competizione esistente nel Regno la richiesta fatta a
Ferdinando II dalle officine delle Stazioni di Napoli, specializzate nelle riparazioni: per dimostrare di essere capaci di costruire una locomotiva come l’opificio di Pietrarsa, chiesto il permesso al re,
costruirono la locomotiva "Duca di Calabria". Per le ferrovie a Pietrarsa si producevano anche rotaie (era l’unico stabilimento italiano a produrle), carri-merci,cuscinetti, manufatti di acciaio e ruote per locomotive. Vari i macchinari e gli oggetti in produzione e tra essi in evidenza torni, spianatrici, fucine portatili, magli a vapore, cesoie, foratrici, gru, affusti dicannone, apparecchiature telegrafiche o granate, bombe, pompe, fusioni in bronzo, ferri, laminati e trafilati o parti di ponti in ferro (napoletano, del resto, era stato il primo ponte in ferro costruito in Italia). 200 le cantaia di acciaio prodotte ogni giorno (5400 tonnellate all’anno); di oltre un milione di ducati gli investimenti complessivi. Numerose erano state anche le fusioni in bronzo per statue di regnanti e principi. Dopo le sue numerose e frequenti visite, vi fu realizzata anche una grande statua in ghisa raffigurante lo stesso re Ferdinando II di Borbone che oggi si può ammirare ancora nello spazio all’esterno degli antichi capannoni (attuale sala-convegni del Museo Ferroviario). Su una lapide sottostante
si può ancora leggere:

 "FERDINANDO II PIO MAGNANIMO AUGUSTO FRA TANTE
OPERE GRANDI QUESTE MECCANICHE OFFICINE EMULATRICI DELLA INDUSTRIA
STRANIERA CREO’ NEL 1842 COME RICORDANZA ED OSSEQUIO FUSERO IL MONUMENTO
MDCCCLIII"
 Presso le stesse officine si trovava un’altra lapide che
sintetizzava lo spirito che aveva animato il suo fondatore (prestigio e
autarchia) e che aveva costituito la premessa e l’obiettivo della loro
fondazione:
 " PERCHE’ DEL BRACCIO STRANIERO A FABBRICARE LE MACCHINE
MOSSE DAL VAPORE
 IL REGNO DELLE DUE SICILIE PIU’ NON ABBISOGNASSE E CON
L’ISTRUZIONE DEI GIOVANI NAPOLETANI TORNASSE TUTTA LA NOSTRA ANTICA
ITALIANA DISCOVERTA QUESTA SCUOLA DI ALLIEVI MACCHINISTI FERDINANDO II
NELL’ANNO XI DEL REGNO GOVERNANDO LE ARMI DOTTE CARLO FILANGIERI
PRINCIPE DI SATRIANO FOND "…  

Dopo qualche anno pagammo con l’unità italiana tutto questo orgoglio…

Le statistiche dello Svimez e dell’Istat sono chiare e oggettive: esistono due Italie e nessuno
(classe dirigente locale o nazionale che sia) ha fatto e fa nulla. I
"primi martiri della storia operaia non solo italiana": quelli delle
grandiose officine di Pietrarsa, massacrati nell’agosto del 1863 solo
perché volevano difendere un lavoro che fino a quando c’erano i Borbone
conservavano e che avevano perduto o stavano perdendo in una storia
tragica che è più che mai attuale in questi giorni.
 Nel Fondo Questura dell’Archivio di Stato di Napoli, foglio 24, è trascritto l’elenco
completo dei morti (che secondo alcune fonti arrivarono addirittura a 9) e dei feriti coinvolti negli incidenti: "Luigi Fabbricini-morto- Aniello Marino-morto-, Domenico Del Grosso-morto ai Pellegrini- Aniello Olivieri-morto successivamente, Aniello De Luca, Giuseppe Caliberti,
Domenico Citara, Leopoldo Alti, Alfonso Miranda, Salvatore Calamazzo, Mariano Castiglione, Antonio Coppola, Ferdinando Lotti, Vincenzo Simonetti-feriti". Sono questi i nomi dei primi martiri della storia operaia italiana.

A cura di:

Michele Lopriore

Ass. Sentimento
Meridiano  

 

 

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