Tana Grasso: «Il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto».
«Con questa sentenza oggi abbiamo un bicchiere mezzo piano e mezzo vuoto» così Tano Grasso, presidente della Fai (federazione antiracketitaliana) presente alla prima e ultima udienza del processo «Medioevo» commenta a caldo la sentenza che ha riconosciuto la colpevolezza dei principali imputati, ma escluso l’aggravante della mafìosità contestata dalla Dda, ossia taglieggi in serie per agevolare il clan Notarangelo. «Oggetto di questo processo» ha detto Grasso «non era l’esistenza della mafia nel territorio di Vieste, erano denunce di estorsioni presentate da operatori economici che dalla sentenza hanno avuto piena giustizia. Ci sono state pene alte e significative per i reati di estorsione. Noi abbiamo un bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Mezzo pieno dal punto di vista della soddisfazione che hanno avuto le vittime alla fondatezza della loro testimonianza, riconosciuta dal processo. Mezzo vuoto perchè non ha riconosciuto quelle modalità estorsive caratterizzate dal metodo mafioso. Sapevamo che era una strada aperta, un percorso difficile che non si chiude con una sentenza e con un processo: siamo qui per andare avanti. La cosa importante è stato vedere i tanti commercianti che hanno seguito la fase dibattimentale e sono venuti da Vieste. La cosa più straordinaria è la risposta delle istituzioni. Tutto questo è una ragione in più, un incoraggiamento per far nascere anche a Foggia l’associazione antiracket Se l’imprenditore denuncia ha giustizia, questo è il senso profondo di questo processo». Esulta … a metà anche l’avvocato Francesco Santangelo, difensore di Angelo Notarangelo (11 anni la pena), Marco Raduano (8 anni e 4 mesi), Liberantonio Azzarone e Gianpiero Vescera (assolti): «ritengo che l’istruttoria dibattimentale abbia dimostrato l’inattendibilità e contraddittorietà delle versioni dei testimoni d’accusa, per cui faremo appello contro le condanne anche perchè le pene sono eccessive a fronte spesso di un solo capo d’imputazione, Ma questa sentenza» aggiunge il noto penalista «mi soddisfa da tanti altri punti di vista. Innanzitutto i giudici hanno escluso la sussistenza dell’aggravante della mafiosità contestata dalla Dda, e voglio ricordare come già il gip di Bari che nell’aprile 2011 firmò le ordinanze di custodia cautelare ridimensionò di molto l’ipotesi accusatoria, negando tutta una serie di arresti per i più gravi reati di mafia e traffico di droga. Ma i giudici con la sentenza di oggi hanno anche rigettato la richiesta della Dda di confiscare i beni sequestrati nel corso delle indagini a Angelo Notarangelo, Raduano e Colangelo; beni» (in occasione dei sequestri la Dda parlò di un valore complessivo di 10 milioni di euro) «che sono stati restituiti a proprietari, perché abbiamo dimostrato che erano stati lecitamente acquisiti». Di tutt’altro avviso l’avv Carlo Mari, codifensore di Angelo Notarangelo e difensore di Giambattista Notarangelo (inflitti 8 anni e 4 mesi) e Giuseppe Germinelli (5 anni) insieme alla collega Mara Ghezza. «E’ una sentenza che non condivido» dichiara al cronista pochi minuti dopo la lettura del verdetto «e che mi lascia sorpreso perchè ritenevo e ritengo che non risponda alla verità processuale emersa dalla lunga istruttoria dibattimentale, caratterizzata arnie modo di vedere da tutta una serie di contraddizioni nelle versioni delle vittime. Appellerò la sentenza e se sarà il caso ricorrerò in Cassazione perchè venga ribaltata questa sentenza».