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REGNO DELLE DUE SICILIE: Trasporti, infrastrutture e comunicazioni

Ferdinando II era aperto al progresso ed era conoscitore dell’Amministrazione dello Stato, dopo aver introdotto per primo in Italia l’illuminazione a gas, costruito ponti, aperto strade e iniziata la bonifica dei terreni paludosi presso Paestum e Brindisi, rivolse la sua attenzione alle strade di ferro e il 19 giugno 1836 rispose ufficialmente alle richieste del Bayard dandogli le concessioni per la costruzione di una prima linea ferroviaria tra Napoli, Castellammare [4] e Nocera [5], "con facoltà di prolungarla verso
Salerno, Avellino e altri siti". Per indennizzare il Bayard dei costi
della costruzione, il governo borbonico concesse all’ingegnere francese
per 80 anni il diritto di riscuotere le somme derivanti
dall’utilizzazione della strada ferrata, allo scadere dei quali sarebbe
subentrato lo Stato. Il 27 marzo 1838 [6] Bayard presentò il progetto
per la costruzione del tratto Napoli-Portici [7], il quale venne
immediatamente approvato e messo in costruzione. Il 3 ottobre 1839 [8]
ci fu l’inaugurazione della nuova "strada di ferro" alla presenza del re
e dello stesso ingegner Bayard che, assieme alla corte e circondati da
una folla plaudente, parteciparono al viaggio inaugurale riportando
entusiastiche impressioni del nuovo mezzo. Così nacque la prima linea
ferroviaria italiana, sulla quale in un solo mese viaggiarono circa
60.000 persone.

La grande frequenza di utenti rese necessario
l’immediato ampliamento delle strade ferrate ai comuni contigui, che
insieme formavano un bacino di quasi un milione di abitanti. Il 1º
maggio 1841 [9] la ferrovia "Bayard" raggiunse Torre del Greco [10] ed
il 1º agosto 1842 [11] venne inaugurato il tronco ferroviario per Torre
Annunziata [12] e Castellammare di Stabia [13]. Il 18 maggio 1844 fu
inaugurata la diramazione da Torre Annunziata [14] per Pompei [15],
Scafati [16], Angri [17], Pagani [18] e Nocera [19]. Arrivati a questo
punto si ritenne opportuno raggiungere anche Salerno [20]. Nel 1845 [21]
l’ingegner Bayard presentò a Ferdinando II il progetto del prolungamento
della sua linea ferroviaria da Nocera fino al capoluogo del Principato
Citeriore [22]. Questo progetto, ardito, in quanto prevedeva il
superamento di pendenze accentuate e la rimozione di ostacoli in
ambiente montano (compresa la costruzione di trafori), ottenne la
concessione dal re, ma i cantieri rimasero fermi a causa di un
contezioso con un’altra società francese che venne risolto solo nel 1853
[23]. Al momento dell’unificazione la linea Bayard era arrivata,
superando gli ostacoli naturali, fino a Vietri sul Mare [24] e si
apprestava a raggiungere la vicina Salerno per poi proseguire fino ad
Eboli [25] in un tratto pianeggiante.

Nel frattempo si era provveduto
a costruire, questa volta totalmente a spese dello Stato, una prima
linea ferroviaria diretta verso nord. L’11 giugno 1843 [26] la linea
Napoli-Cancello-Caserta [27] fu aperta al pubblico. Il 25 maggio 1844
[28] la linea venne prolungata fino a Capua [29], attraversando gran
parte della fertile pianura campana e servendo quasi tutte le sue grandi
città. Napoli, con il funzionamento delle due ferrovie (quella
dell’ingegner Bayard e la Regia) assunse un nuovo volto: i traffici si
fecero più intensi e il movimento delle persone fu incrementato. Il 3
giugno 1846 [30] sulla linea "Regia" Napoli-Caserta si aprì la
diramazione Cancello-Nola [31], che nel 1856 [32] venne prolungata fino
a Sarno [33].

Nel 1853 a Napoli fu inaugurato il primo telegrafo
elettrico del regno, in comunicazione con Terracina [34], Ariano Irpino
[35] e Salerno. Negli anni successivi i telegrafi elettrici, presenti in
tutte le stazioni napoletane, vennero collegati alle altre linee
telegrafiche che si estendevano dall’alta Italia fino alla Sicilia.

All’inizio degli anni cinquanta [36] cominciarono a nascere progetti
per scavalcare l’Appennino, in quanto si riteneva necessario congiungere
la capitale alle regioni del mar Adriatico e Ionio. Nel 1855 Ferdinando
II affidò al barone Panfilo De Riseis [37] le concessioni per la
costruzione della ferrovia tra Napoli e la frontiera del Tronto [38]
fino al confine pontificio, che sarebbe dovuta essere ultimata in 10
anni. Questa linea avrebbe dovuto attraversare Aversa [39], Piedimonte
d’Alife [40], Isernia [41], Castel di Sangro [42], Lanciano [43], Ortona
[44], Pescara [45], fino al Tronto (con diramazioni per Ceprano [46] e
Popoli [47]). Al momento dell’unità il tratto fino a Ceprano (al confine
pontificio in direzione Roma [48]) era quasi del tutto ultimato.

Nello
stesso anno (1855) il re affidò all’ingegnere pugliese Emmanuele
Melisurgo le concessioni per la costruzione della "Strada Ferrata delle
Puglie" tra Napoli e Brindisi [49], a doppio binario, i cui lavori
sarebbero dovuti cominciare l’11 marzo 1856. A causa di alcune
difficoltà burocratiche generate da una società britannica i cantieri
restarono chiusi per un anno, per questo motivo nel 1857 Ferdinando II
decise di costruire direttamente per conto dello Stato la strada ferrata
delle Puglie, facendo immediatamente cominciare i lavori tra Sarno [50]
e Avellino [51] e tra Foggia [52] e Barletta [53] (lavori da ultimarsi
entro 5 anni). La costruzione di questa notevole infrastruttura iniziò
con il completamento del tratto Sarno-Mercato San Severino [54], tramite
la galleria dell’Orco [55] (inaugurata nel 1858 [56]). Da San Severino
la ferrovia avrebbe dovuto dirigersi verso Montoro [57] e Avellino. Da
Avellino avrebbe percorso la valle del Sabato [58] tra Taurasi [59] e
Grottaminarda [60] per poi entrare nella valle dell’Ufita [61] fino ad
Ariano Irpino, proseguendo per Orsara di Puglia [62], Troja [63] e
Foggia [64]. Da Foggia la linea progettata avanzava in direzione sud per
Cerignola, Canosa di Puglia e Barletta, quindi per Trani [65], Bisceglie
[66], Molfetta [67], Giovinazzo [68], Bitonto [69],Modugno [70] e Bari
[71].

Da Bari poi si estendeva fino a Conversano [72], Monopoli [73],
Ostuni [74] e infine Brindisi. Questa linea doveva essere interamente
costruita con materiali e mezzi di provenienza nazionale (principalmente
Pietrarsa e Zino & Henry).

Negli ultimi anni di vita del reame
arrivarono all’attenzione del governo borbonico altri progetti che
prevedevano la costruzione di ferrovie dagli Abruzzi alle Calabrie,
dalla Basilicata al Salento [75] e della rete ferroviaria siciliana.
Nonostante fosse intenzione di Francesco II accelerare la costruzione
della rete ferroviaria nazionale, tutti questi progetti rimasero solo
sulla carta in quanto andarono incontro alla fine del regno avvenuta nel
1860, in seguito alla perdita dell’indipendenza.

A partire dal 1862, i
progetti borbonici furono, in parte, ripresi e portati a termine
dall’industriale mazziniano Pietro Bastogi [76]. Al momento
dell’unificazione italiana, nel territorio del Regno delle Due Sicilie
le strade ferrate erano prerogativa della sola Campania [77] in quanto
erano utilizzati, al 1860, solo i 128 km già completati negli anni
precedenti tra Capua [78] e Salerno [79] (che tuttavia erano giudicati
di qualità eccellente e percorsi da locomotive molto veloci per quei
tempi). Tutti gli altri progetti approvati dopo il 1855 erano ancora per
gran parte in fase iniziale di realizzazione: al momento dell’unità
potevano dirsi ultimate circa 60 miglia [80] (110 km circa) di nuove
strade ferrate sulle linee degli Abruzzi e delle Puglie, le quali
tuttavia non erano ancora aperte al traffico ferroviario. Bisogna
sottolineare d’altronde come la realizzazione di queste costruzioni
fosse all’epoca difficoltosa, dato che le ferrovie campane (a differenza
di quelle contemporaneamente costruite nell’area padana) dovevano
giocoforza estendersi per grandi distanze in territori montuosi e
geologicamente instabili prima di raggiungere le città della sponda
adriatica e ionica.

A cura di:

Michele Lopriore

Ass. Sentimento
Meridiano