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Ass. Sentimento Meridiano/ Regno delle Due Sicilie: situazione economica nel 1860 e le monete

Il Regno delle Due Sicilie aveva a tutti gli effetti un regime monetario monometallico a base d’argento, formato, oltre che dalle monete di quel metallo (cioè la gran parte delle monete circolanti), anche dalle fedi di credito del Banco delle Due Sicilie, considerate anche all’estero valuta di prim’ordine.  Nel saggio "Nord e Sud", Francesco Saverio Nitti [1] rileva che, al momento dell’introduzione
della lira [2], nel Regno delle Due Sicilie furono ritirate 443,3
milioni di monete di vario conio, di cui 424 milioni d’argento, pari al
65,7% di tutte le monete circolanti nella penisola. L’economista Antonio
Scialoja [3] riconobbe che questa enorme quantità di monete d’argento fu
coniata dalla Zecca di Napoli principalmente in seguito alla crescita
delle esportazioni delle Due Sicilie avvenuta negli anni cinquanta
dell’Ottocento, in quanto per espressa volontà dei governi borbonici in
tutte le operazioni commerciali dovevano circolare monete di metallo
prezioso, come previsto dalla dottrina del mercantilismo [4]. Giustino
Fortunato [5] sostenne che l’abbondanza di monete d’argento fosse solo
un effetto indiretto della scoperta di nuovi giacimenti auriferi in
California [6] ed in Australia [7]. Tale evento comportò un incremento
della produzione d’oro; questo metallo, in gran parte riversato in
Francia [8], fece sì che nello Stato transalpino l’argento divenisse
moneta sussidiaria, impiegata per le importazioni dall’estero
(soprattutto dalle Due Sicilie). Tale tesi, tuttavia, venne contestata
da altri economisti, tra questi Carlo Rodanó; costui, assai critico
sulle interpretazioni del Fortunato in merito all’abbondanza di moneta
in metallo prezioso, spiegò che, nella seconda metà del XIX secolo, il
governo delle Due Sicilie consentì l’esportazione dei grani e di altri
prodotti alimentari, fino ad allora vietata, e diminuì il dazio
sull’olio. La conseguenza fu un incremento delle esportazioni ed un
contestuale incremento dell’ingresso d’argento nel territorio del regno:
la coniazione di moneta d’argento, quindi, passò da 1,8 milioni di
ducati del 1852 a 13,6 milioni di ducati del 1856.

Sia Nitti che
Fortunato concordavano nel sostenere che la gestione finanziaria dello
Stato borbonico fosse caratterizzata da una spesa pubblica estremamente
esigua ed oculata, in particolare a livello infrastrutturale. Nitti [9]
in sintesi così descriveva la situazione finanziaria delle Due Sicilie
nel 1860:

« Nel 1860 la situazione del Regno delle Due Sicilie, di
fronte agli altri stati della penisola, era la seguente, data la sua
ricchezza e il numero dei suoi abitanti:

1. Le imposte erano inferiori
a quelle degli altri stati.

2. I beni demaniali ed i beni
ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme, e, nel loro insieme,
superavano i beni, della stessa natura, posseduti dagli altri stati.

3. Il debito pubblico, tenuissimo, era quattro volte inferiore a
quello del Piemonte, e di molto inferiore a quello della Toscana.

4.
Il numero degli impiegati, calcolando sulla base delle pensioni nel
1860, era di metà che in Toscana e di quasi metà che nel Regno di
Sardegna.

5. La quantità di moneta metallica circolante, ritirata più
tardi dalla circolazione dello Stato, era in cifra assoluta due volte
superiore a quella di tutti gli altri Stati della penisola uniti
insieme. »  

(F. S. Nitti, Nord e Sud, 1900)

Le monete del Regno
delle Due Sicilie:

DUCATO (coniato in oro): valore attuale EUR 16,13
presente in circolazione in coni aurei da 3,4,6,15,30.

Il ducato era
suddiviso in 10 CARLINI (coniato in argento e rame) che equivaleva a sua
volta a 10 GRANA (coniato in rame). Vi era poi il TORNESE (coniato in
rame) che equivaleva a un grano, cioè ad un centesimo di ducato; il
CAVALLO (coniato in Rame), 6 cavalli equivalevano ad un tornese e infine
la PIASTRA (coniata in argento) che equivaleva a 12 Carlini.

La moneta
siciliana era l’Oncia (coniata in oro e argento, EUR 48,39) che valeva 3
Ducati ed era suddivisa in 30 Tarì (coniati in argento e rame) = 300
Baiocchi (coniati in rame).

Tutto il sistema monetario nel suo
complesso era garantito in oro nel rapporto uno a uno, la lira
piemontese era garantita nel rapporto tre a uno (ogni tre lire in
circolazione erano garantite da una sola lira oro). Il cambio nel 1859
era 1 Ducato=4,25 lire.

Un ducato napoletano rapportato alle vecchie
lire equivale a lire 31.223,47 pari ad euro 16,13. Una lira piemontese
equivaleva a 7302 lire del 2001 a circa 3,77 euro attuali.  

A cura di:

Michele Lopriore

Ass. Sentimento Meridiano