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Legambiente/Pazienza: “Le falesie vanno fruite in modo diverso, sono inadatte al turismo di massa”

"Deve essere inversamente proporzionale alla loro fragilità. La costa alta va utilizzata con percorsi e sentieri".

 

Stanno scatenando un polve­rone le ordinanze con cui la Capitaneria di porto di Man­fredonia, per proteggere la pubblica incolumità dall’elevato rischio di frane della fra­gile falesia garganica, vieta qualunque attività in ben 25 km di litorale compreso tra Macchia di Monte Sant’Ange­lo e Mattinata per una pro­fondità, a partire dal piede della falesia, pari al doppio dell’altezza della stessa. Sono tante le voci polemiche e criti­che sollevate in questi giorni da parte di chi ritiene che ven­gano messi a repentaglio la stagione estiva e il lavoro de­gli operatori turistici. E oggi la questione sarà affrontata in un incontro in Prefettura a Foggia tra Prefetto, sindaci di Monte S. Angelo e Mattinata, Capitaneria di porto e Regio­ne Puglia. Ma la questione è ben più am­pia, come sottolinea in un’intervista a l’Attacco Gianfran­co Pazienza, presidente del circolo Legambiente di San Giovanni Rotondo e ricerca­tore del CNR-ISMAR (Istituto scienze del mare) di Lesina, per il quale "un’offerta turisti­ca costiera responsabile è un vantaggio per tutti, perché ga­rantire la sicurezza aumenta l’attrattività del territorio e la sua sana e serena fruizione. Il turista deve sentirsi protetto. Le ordinanze della capitane­ria sono giuste, ma serve un piano di fruizione della costa, è necessario programmare il sistema della vacanze sul Gargano".

Pazienza, le falesie del Gar­gano si stanno sbriciolando?

L’opinione pubblica e i gestori dei lidi si accorgono del pro­blema solo alla vigilia della stagione turistica. L’erosione costiera, la perdita di spiaggia e i crolli delle falesie avvengono negli altri mesi. Questo inverno le mareggiate con vento di scirocco sono state di un intensità prima inimmagi­nata. La stabilità delle nostre falesie è tema complesso. La struttura della Costa è forma­ta da falesie di calcare bianco e selce, le più belle, tra Vieste e Baia, delle Zagare. Poi ci sono le falesie più basse, di ori­gine franosa argillosa, tra Mattinatella e Manfredonia, intervallate qua e là dalla co­sta alta. Alcune di queste fale­sie consentono l’accesso a spiagge mozzafiato, altre so­no inaccessibili. Accessibili intendo alle forme di turismo di massa.

Significa che alcune delle ba­ie garganiche, dove la falesia è più soggetta a crolli, non sono fatte per il turismo di massa?

Essendo ovviamente falesie fragili, minacciate dall’azione del mare che le taglia al piede, provocandone il crollo oppure dalle piogge tempo­ralesche, è ovvio che la misu­ra cautelare è quella di vieta­re l’accesso ai bagnanti. La fruizione delle falesie deve essere inversamente propor­zionale alla loro fragilità. La costa alta panoramica va fruita come avviene in Fran­cia o alle Cinque Terre, con percorsi e sentieri. Nel caso di un crollo, il sentiero si sposta più indietro, non si creano strade o muri di contenimen­to. Cosa ci si può inventare per difendere la falesia bianca di Vignanotica, la più bian­ca e la più bella? Imbrigliarla con una rete? Penso ai recen­ti crolli accanto all’ ascensore a Baia delle Zagare. Chi deve difenderle? Non è pensabile una difesa meccanica della falesia.

Come ci si difende dal rischio di crolli?

Il tema di come difendere le falesie, e le spiagge, è di due ordini di grandezza. Il primo riguarda la mancanza di ap­porti di sedimenti dai valloni. Molti insediamenti di infra­strutture balneari costiere sono state realizzate- chiu­dendo i canali che dal Garga­no sboccano al mare, sottra­endo quegli apporti di sedimenti trasportati dalle piog­ge torrentizie. Questo avvie­ne dappertutto basti pensa­re a quel che succede tra Mat­tinata e Mattinatella. La sot­trazione di sedimenti com­porta l’aumento di erosione costiera. Il secondo ordine di problemi relativi ai fenomeni erosivi riguarda le infrastrut­ture lungo la costa: porti o moli, o bracci – pennelli, piat­taforme di cemento realizza­te sulle spiagge. Queste opere modificano il trasporto lun­go la costa dei sedimenti e au­mentano l’effetto erosivo sotto le correnti. Adesso la strada tra Rodi e San Menaio a valle del nuovo porto turi­stico sta franando. La spiag­gia cresciuta sotto il porto è sparita un po’ più in là. E vogliamo parlare di quello che è accaduto a Mattinata per quel piccolo porticciolo rea­lizzato negli anni Settanta?

Cosa di può fare adesso?

Mettere insieme tutti i dati ambientali disponibili: quel­li nostri del CNR (lo studio delle correnti marine e del moto ondoso), i dati dell’Ar­pa e del Centro de cambia­menti climatici, i dati dell’Autorità di bacino. Serve farne una piattaforma informatica sia per continuare a studiare sia per informare sui rischi frana e la pericolosità. Mette­re insieme scienza, decisori politici e portatori di interes­si, i gestori dei lidi, per fare un piano di fruizione delle no­stre coste, basato sulla sicu­rezza e non solo sul numero di ombrelloni. Anzi, bisogna indicare dove si può stare sotto gli ombrelloni e dove si può fare altro. Un modello do­vrebbe essere sperimentabile proprio a Vignanotica, oltre che sulle dune. E’ necessario un piano di turismo re­sponsabile, sostenibile, che valga tutto l’anno. Vignanotica con il turismo escursioni­stico può essere un luogo visitabile tutto l’anno.

Lucia Piemontese
L’Attacco