C’è stato un aumento della capacità di spesa del 14%.
La Filcams Cgil ha promosso un convegno a Manfredonia: «Daunia tutta da vivere». Ma gli albergatori hanno ribattuto: quel 14% in più altro non è che la quota d’incassi emersa dal reticolo di pagamenti a nero che oggi subisce qualche battuta d’arresto. Come dire, il piatto piange sempre. Sono comunque soldi in più per il fisco, un importante segnale dii "ravvedimento" sotto la spinta dei controlli diventati più stringenti. Ma proprio nell’anno in cui il Gargano denuncia 200mila presenze in meno rispetto al Salento, quel 14% rischia di diventare un dato fuorviante se pensiamo che la crisi dei consumi si è abbattuta anche sulla ricca industria delle vacanze e potrebbe essere solo l’inizio, con l’aggravante dei 25 chilometri di costa a rischio chiusura per il pericolo delle falesie. La Cgil vuole perciò aprire un confronto con gli albergatori su lavoro, opportunità turistiche e commerciali, accoglienza e quant’altro. Lo fa con il rigore ecumenico della segretaria generale, Filomena Trizio, che dopo aver invitato, qualche tempo fa, gli stakeholder locali a «lavorare in sinergia», accende i riflettori ora sul turismo che di quello sviluppo economico è «parte integrante, fondamentale». Le resistenze da rimuovere però sono ataviche, se lo dice anche il presidente del Parco nazionale del Gargano, Stefano Pecorella: «Non abbiamo adeguata cultura per difendere il nostro territorio». L’ultimo episodio lascia attoniti: l’incendio di venti ettari dell’Oasi Lago Salso, «doloso, provocato da ben otto inneschi in una distesa di canneti». A chi giova tutto ciò? Il turismo in Capitanata si fa forte soprattutto dei numeri e quelli sono a prova di bomba: «4 milioni 438mila presenze in Capitanata nell’ultimo anno, se pensiamo che in tutto il paese si è registrato un decremento, questo risultato vale doppio», dice il segretario della Filcams, Gianni Palma. Anche sul lavoro siamo, nonostante’tutto, i primi per volume di occcupati: 10,3 % la media regionale, quella nazionale si ferma al 9,2%. «La quota di sommerso da noi resta altissima – ammette Palma – non dico che siamo ai livelli del 2007 , quando fu appena il 10% dei lavoratori garganici a poter usufruire della cig straordinaria decisa dopo gli incendi devastanti di quell’ estate ma poco ci manca». Se poi pensiamo che la destagionalizzazione in molti casi non si può fare, perché molti operatori denunciano l’impossibilità di ingaggiare manodopera nei mesi extraestivi (poco attrattivi i 1200 euro in busta paga per rinunciare agli 800 euro della disoccupazione), si capisce come il Gargano rischi di rimanere cristallizzato nelle sue consuetudini. Per migliorare il modello di turismo in Capitanata bisognerebbe perciò togliere un po’ di assistenzialismo e ripartire dalle regole. Poi sarebbe anche più giusto domandarsi se riformulare l’offerta possa determinare vantaggi in termini qualitativi. Ne è convinta Fiammetta Fanizza, sociologa dell’università di Foggia che suggerisce a tal proposito di puntare su un modello di «turismo slow», Nel dubbio, si potrebbe meglio caratterizzare il nostro turismo partendo dal marchio: «Gargano», suggerisce Michele De Meo, presidente dell’Agenzia del turismo di Manfredonia. Ma servirebbe una regia unica, ed è come trovare un ago nel pagliaio.
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