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“LA NOTTE DI CHI RUBA DONNE”- CONCERTI DELLA TRADIZIONE

Con l’etnomusicologo Salvatore Villani giovedì 7 agosto, al Carpino Folk Festival 2014, faremo il punto della situazione sul patrimonio musicale della Puglia garganica con la proiezione di un documentario inedito di Roberto Leydi, una conferenza sui temi dei rituali delle comunità agro-pastorali come quella carpinese e sull’estate del 1954 di Alan Lomax e Diego Carpitella a 60 anni dal loro viaggio allo scoperta delle musiche tradizionali italiane. Seguiranno due interventi musicali riguardanti i canti Arbëreshë della Capitanata e i suoni ritrovati della tradizione di San Nicandro Garganico. Per secoli, le tradizioni musicali e coreutiche del Gargano – cosi l’etnomusicologo Salvatore Villani – sono state tramandate di generazione in generazione, senza subire modifiche sostanziali durante l’occasione-funzione, coinvolgendo gli strati profondi dell’essere umano su differenti piani: antropologico, psicologico, sociale.
L’intero ciclo dell’anno è stato scandito da precisi momenti calendariali di ritualità vissuta, quali espressioni normative in cui l’intera comunità si riconosceva, sia nella sfera pubblica che in quella privata.
L’isolamento storico del Promontorio ha certamente favorito questa conservazione, almeno fino alla seconda metà del Novecento, quando l’arrivo dei nuovi mezzi di comunicazione di massa – radio e televisione –, l’emigrazione e la meccanizzazione nelle attività agro-silvo-pastorali, hanno segnato la progressiva scomparsa – defunzionalizzazione – di alcuni repertori, quali la serenata, la tarantella, alcuni canti di lavoro e sul lavoro.
Le ricerche sul campo, a partire dalla raccolta sonora e fotografica di Alan Lomax e Diego Carpitella del 1954, che documentano la ricchezza del patrimonio etnomusicale garganico, comprendente non soltanto le rinomate varie forme di tarantella, ma un vasto corpus di canti monodici e canti polivocali sacri e profani – dalle ninne-nanne al lamento funebre –, con o senza accompagnamento strumentale, hanno fatto sì che questa ‘sapienza’ tramandata oralmente non fosse destinata all’oblio ma venisse degnamente conservata quale eredità culturale per le future generazioni.
Molti dei protagonisti di queste ricerche, oramai non ci sono più. Nati fra la fine dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento, hanno lasciato però un segno indelebile nella memoria collettiva. Essi sono diventati i ‘maestri’ di riferimento per un recupero consapevole della vocalità tradizionale, dello strumentario popolare – tra cui spiccano la chitarra battente, la chitarra francese, il tamburello, le castagnette, l’organetto, etc. – e delle forme coreutiche, anche in un processo di rifunzionalizzazione, soprattutto per coloro i quali hanno avuto la fortuna di conoscerli personalmente. Come non ricordare, tra i tanti: Vincenzo Grossi, Andrea Sacco, Rocco Di Mauro, Angela Gentile, Antonio Maccarone di Carpino, Gennaro Liguori di Cagnano Varano, Rocco Castelluccia di Ischitella, Michele Prencipe e Michele Stuppiello di Monte Sant’Angelo, Domenico Rinaldi, Luigi Longo, Francesco Crisetti, Giuseppe Di Maggio e Arcangelo Marchesani di San Giovanni Rotondo, Antonio
Mastrovalerio e Francesco Solimando di San Nicandro Garganico, Michele Saracino di Rignano Garganico, ed anche un artista come Matteo Salvatore – a cavallo tra tradizione ed invenzione –.
Eppure, nonostante gli anni trascorsi e i profondi cambiamenti avvenuti, esistono forme di espressività popolare che ancor oggi sono praticate, come in passato, e che ci restituiscono quei caratteri performativi tipici di una cultura non ancora omologata.
Canti liturgici e paraliturgici, monodici e polivocali, è possibile ascoltarli in funzione durante tutto l’arco dell’anno in molti paesi del Gargano, in particolare durante la settimana santa, quando si manifestano forme di coralità e repertori preconciliari, come per esempio l’esecuzione del Miserere in lingua latina o Lu giuvidija sandë, nei vari dialetti locali. Ma anche canti licenziosi, narrativi, lirico-monostrofici, e balli eseguiti nei momenti di convivialità durante le feste, i lavori collettivi o all’interno di luoghi specifici come alcune cantine del territorio.
Queste considerazioni consegnano al Carpino Folk Festival una grande responsabilità: unire agli indispensabili momenti ludici e ricreativi della manifestazione anche momenti di sensibilizzazione ai significati culturali che sono contenuti nelle tradizioni popolari, soprattutto per il tramite del protagonismo attivo degli ultimi testimoni e la condivisione di studi e ricerche.

07 Agosto 2014
Ore 21.30 Largo San Nicola / CARPINO

“LA NOTTE DI CHI RUBA DONNE” – CONCERTI DELLA TRADIZIONE
A cura di SALVATORE VILLANI
Proiezione del documentario
Roberto Leydi, L’altra musica di Aurelio Citelli, con la consulenza di Febo Guizzi (Provincia di Milano, Medialogo, 2004, 35 min.).
Un inedito videoritratto sulla figura e l’opera di Roberto Leydi, realizzato attraverso due interviste: l’interesse per il jazz e la musica popolare americana, l’incontro con Alan Lomax, lo “scandalo di Bella ciao”, il rapporto con cantori e suonatori popolari, l’insegnamento al DAMS di Bologna. Testimonianze di Umberto Eco, Moni Ovadia, Bruno Pianta e Ferdinando Scianna.

Conferenza
Gino Annolfi: La comunità agro-pastorale tra riti collettivi, scarsità di risorse e cooperazione.
Salvatore Villani: Gargano, agosto 1954. A sessant’anni dal viaggio di Alan Lomax e Diego Carpitella. – In ricordo di Remigio de Cristofaro –.

Interventi musicali
Prima parte
"Essere stati quaggiù": suoni e tradizioni di San Nicandro Garganico a cura di Angelo Frascaria
"Essere stati quaggiù" è la ricerca etnografica che si fa narrazione, racconto vissuto di un viaggio, in bilico tra passato e presente, alla ricerca dei suoni ritrovati della tradizione di San Nicandro Garganico. Dalle campagne, seguendo le greggi, passando per i saloni da barba, dove la chitarra "francese" e il mandolino affabulano storie di polke, mazurke e serenate, fino a disperdersi nella periferia, fra il vociare delle donne marocchine e il ritmo dei loro bendir. Queste le "Indie" ritrovate…
Angelo Frascaria, canto e chitarra alla "barbiera"
Libera Lamacchia, canto e “paccagnole”
Marco Montemitro, fisarmonica
Carmine Cipriani, tamburello
Mario e Costanza Di Leo, ballo
Con la partecipazione di suonatori tradizionali.
Durante la lezione–concerto saranno proiettati filmati raccolti durante la ricerca sul campo.

Seconda parte
Canti Arbëreshë della Capitanata
La Capitanata, prima del 1811, si estendeva anche nella provincia di Campobasso e comprendeva nel suo territorio sei paesi di origine albanese di cui oggi quattro sono situati nel basso Molise – Montecilfone, Portocannone, Ururi e Campomarino – e due in provincia di Foggia – Casalvecchio di Puglia e Chieuti –. Gli albanesi si stanziarono in Capitanata per la prima volta nel 1464, quando Ferdinando I, re di Napoli, concesse a Giorgio Castriota Scanderbeg, per l’aiuto ricevuto contro gli angioini, i feudi di Monte Sant’Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo.
La lezione–concerto ripropone l’esperienza musicale del gruppo Arbëreshë di Chieuti degli anni Settanta del ‘900, con alcuni dei suoi protagonisti. Il gruppo nacque sotto la spinta di Giorgio Ruberto, su materiale di ricerca di suo fratello Roberto, prematuramente scomparso, con canti in lingua albanese della tradizione di Chieuti, della Calabria, dell’Albania e del Kossovo.
Angela Dell’Aquila, canto
Donato Meola, canto e chitarra
Salvatore Villani, voce narrante e baglamas
Angelo Frascaria, chitarra battente
Marco Montemitro, fisarmonica
Carmine Cipriani, tamburello

Durante la serata – per il progetto UNESCO “Le tarantelle del Gargano” – sarà possibile visionare una mostra iconografica sulla chitarra battente nel Gargano con esposizione e mercatino di strumenti musicali tradizionali.