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REGNO DELLE DUE SICILIE: I Re del Regno – Francesco II e la fine del Regno 2/2

La prima insurrezione fu quella della provincia di Basilicata, iniziata a Corleto Perticara il 16 agosto e culminata con la presa di Potenza del 18 agosto e successiva proclamazione di un governo provvisorio in nome di Garibaldi e Vittorio Emanuele II.  Ne seguirono altre, con o senza proclamazioni ufficiali, come in Terra di
Bari [7] con l’insurrezione di Altamura del 21 agosto e in Calabria
Citeriore. Con la città diBenevento, enclave dello Stato
Pontificio, che aveva costretto alla fuga i soldati bavaresi che la
tenevano già dal 22 luglio, insorse ilPrincipato Ulteriore il 2
settembre.

In Abruzzo un governo provvisorio fu proclamato il 9
settembre.Le armate borboniche sulle prime non riuscirono ad organizzare
un’efficace resistenza, sebbene in ciò ebbero parte anche numerosi
episodi documentati di insubordinazione e di corruzione degli stessi
ufficiali generali, generalmente ultrasettantenni, per gran parte ex
carbonari ed ex murattiani richiamati in servizio da
Ferdinando II nel 1831. Il giovane ed inesperto Francesco II, ricevendo
a Napoli notizie contrastanti, non riuscì a contenere la fallimentare
conduzione delle operazioni in Sicilia del generale Lanza [17], che non
fece niente per avvalersi della sua netta superiorità in uomini e mezzi
(disponeva in Sicilia di circa 24.000 uomini), provocando profondi
malumori nelle stesse Truppe Reali. In particolare si ricorda la grave
decisione del generale Landi [18] a Calatafimi [19] di far ritirare i
Cacciatori napoletani proprio nel momento di massima difficoltà per i
Mille. L’esasperazione dei soldati del Real Esercito [20] raggiunse il
culmine in Calabria: qui il generale Briganti (già fautore del
bombardamento di Palermo nei giorni dell’Insurrezione [21]), dopo aver
dato alle truppe l’ennesimo ordine di ritirarsi senza combattere di
fronte ai garibaldini, fu fucilato dai suoi stessi uomini che,
credendolo un traditore, non tollerarono l’ulteriore rifiuto da parte
del proprio comandante di attaccare un nemico tanto più debole. Decisivo
fu anche il ruolo svolto dagli alti ufficiali dell’Armata di Mare [22]
che sostanzialmente si rifiutarono di affondare le navi garibaldine nel
loro passaggio dalla Sicilia alla Calabria e che, successivamente,
consegnarono gran parte delle proprie navi deliberatamente alla Marina
Sabauda. L’inazione degli ufficiali superiori borbonici, a ragione o a
torto sospettati di tradimento dai posteri, è però parzialmente
spiegabile se si considera che in quel periodo, tra i vertici dei
ministeri napoletani, era diffusa la convinzione che ci sarebbe stata
una rapida reazione diplomatica da parte delle potenze straniere contro
quella che a Napoli si considerava un’invasione del tutto illegittima o,
più semplicisticamente, un atto di pirateria. Effettivamente l’attività
diplomatica in quei giorni fu frenetica, ma il re si accorse troppo
tardi di essere stato ormai abbandonato al proprio destino da parte
delle principali potenze, soprattutto a causa delle politiche di
isolamento attuate dal padre Ferdinando II dopo il 1848/49.

Solo nella
parte conclusiva della campagna, con la battaglia del Volturno [23], il
regno ritrovò la dignità di un’ultima resistenza. Il re Francesco II
decise di non combattere nella città di Napoli, ma di attestarsi nelle
piazzeforti della pianura campana per tentare la controffensiva e la
successiva riconquista del reame. Le Truppe Reali si batterono
valorosamente sul Volturno [24] e sul Garigliano, mettendo in difficoltà
le schiere garibaldine. Tuttavia l’intervento delle armate sarde [25],
giunte nel frattempo in soccorso dei garibaldini, e soprattutto gli
errori strategici commessi dallo Stato Maggiore, decretarono la decisiva
sconfitta. La volontà di non arrendersi fu dimostrata anche dalla
fortezza assediata di Gaeta, dove si rifugiò la famiglia reale, nella
quale ciò che rimaneva dell’esercito napoletano [26] si trovò a
fronteggiare in un logorante assedio le armate del Regno di Sardegna
[27], giunte nel frattempo ad affiancare le armate garibaldine,
superiori per numero e armamenti. Circondata, Gaeta [28] fu sottoposta
ad un blocco navale e pesantemente bombardata dal mare e da terra
(assedio durato 3 mesi), sino alla resa del 13 febbraio 1861.

Formalmente, le Due Sicilie furono annesse alRegno di Sardegna [29]
dopo l’esito dei plebisciti d’annessione [30] che, come in altre parti
d’Italia, non furono rappresentativi dell’effettiva volontà delle
popolazioni locali, in gran parte escluse dal voto. Votarono quindi solo
i ceti possidenti in condizioni in cui era difficile parlare di libertà
e segretezza del voto. La decisione dell’annessione immediata ed
incondizionata delle Due Sicilie allo Stato sardo fu fortemente voluta
dal conte di Cavour [31], che, spaventato dalla prospettiva di
un’affermazione democratico-popolare e repubblicana nei territori
conquistati da Garibaldi, fece di tutto affinché la spedizione dei Mille
non scivolasse verso una soluzione di sinistra. Annessione voleva dire
vaccinazione contro il rischio rivoluzionario, contro il "disordine
sociale", e perciò si cercò subito di stabilire delle intese con gli
esponenti meno compromessi del vecchio regime (esemplare fu il
comportamento ambiguo tenuto in quei frangenti da Liborio Romano [32]),
e, soprattutto, si cercò di rassicurare il vecchio ceto agrario, il cui
appoggio era indispensabile per il controllo politico del Mezzogiorno.

Sul campo, il Regno Delle Due Sicilie cessò di esistere il 20 marzo
1861, giorno della resa della Fortezza di Civitella del Tronto [33],
ultima roccaforte borbonica. La fine del regno erede dell’antica
monarchia fondata da Ruggiero il normanno [34] nel 1130 resta un momento
importante nella storia d’Italia, ma le forme che lo determinarono e
soprattutto le scelte della monarchia, e dei governi della nuova Italia
furono ben lontane dall’assicurare la realizzazione di quegli ideali di
unità della patria e di eguaglianza dei cittadini adombrati
dall’idealismo di Giuseppe Mazzini [35] e della generazione protagonista
delle lotte risorgimentali.

A cura di:

Michele Lopriore

Ass.
Sentimento Meridiano