Per i Piani comunali delle Coste, c’è difficoltà a redigerli. Legambiente avverte: “troppe deroghe ai divieti aiutano il dissesto idrogeologico”. Associazioni, Comuni e sindacato balneari: “Dune, macchia mediterranea e corsi d’acqua. Per le spiagge sempre meno spazio”.
I Comuni di Puglia, attraverso Anci (Associazione nazionale comuni italiani) chiedono alla Regione chiarezza sul coordinamento tra i diversi strumenti di pianificazione, tutela e valorizzazione del territorio redatti e in via di redazione a vario livello. E intanto presentano cinque pagine di osservazioni con relative richieste di modifica al Piano regionale delle coste e al disegno di legge numero 5 del 2014 su «Disciplina della tutela e dell’uso della costa». Ed è già polemica a distanza con quelle associazioni ambientaliste che, insieme al consiglio degli ordini professionali di Geologi,’ Architetti, Ingegneri, Agronomi, ma anche alla Coldiretti Associazione dei costruttori edili (Ance) e all’Anci nazionale siedono in quella «Coalizione prevenzione rischio. idrogeologico». Un soggetto che punta; viste anche le calamità meteorologiche che stanno mettendo a dura prova la fragilità del territorio nazionale a estendere piuttosto che a «rivedere» i vincoli così come richiederebbero alcuni tra i rappresentanti di Anci Puglia. Le osservazioni ai documenti pianificatori regionali, già anticipate al tavolo aperto con l’assessore regionale al Demanio, Leonardo Di Gioia, sono state condivise, nel corso di un incontro coordinato dal vicepresidente di Anci Puglia, Emilio Romani, al quale hanno preso parte i sindaci di Bari, Barletta, Chieuti, Gallipoli, Giovinazzo, Margherita di Savoia, Molfetta, Monopoli, Morciano, Nardò, Peschici, Vieste, Otranto, Ostuni, sono state condivise anche dal Sindacato balneari. «Stiamo lavorando ad unica proposta emendativa tra Anci e Associazione sindacati-ha dichiarato Romai – È fondamentale affrontare la questione "coste" in maniera organica e condivisa anche in ottica programmazione UE 2014-20. Al prossimo tavolo tecnico del 18 novembre (martedì, ndr), chiederemo alla Regione il coinvolgimento degli altri assessorati competenti al finee di dare coerenza e strategia di sistema a tutti i Piani regionali interessati, per evitare che una pianificazione secondaria di dettaglio venga varata prima di un piano generale, rischiando di metterlo in discussione». Nel merito delle osservazioni, una, in particolare, all’articolo 14 del Disegno di legge già citato, salta all’occhio. «Tra le aree ove vige il divieto di rilascio concessioni – si legge – vengono inserite anche i cordoni dunali e la macchia mediterranea e le rispettive fasce di rispetto che, da Pptr (piano paesistico, territoriale regionale, ndr), sono di 100 metri il che implica un ulteriore vincolo di concedibilità nelle aree oggi invece concedibili». E poi: «Sarebbe utile rivedere questo articolo, con specifico riferimento ai divieti, e consentire l’utilizzo delle aree subordinando lo stesso, ai pareri degli enti competenti». Insomma, non inconcedibilità assoluta delle concessioni in presenza di canali naturali, sia pure prosciugati, o di fiumi, canali e torrenti, ma condizionata all’esame e alla valutazione di un ente quale l’Autorità di bacino. Non sfugge questo particolare a Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente nazionale, componente della coalizione già citata nella quale siede anche Anci nazionale. «Sorprende – dice – che proprio in un momento come quello che sta vivendo l’Italia, mentre si va verso l’assoluto ridimensionamento del consumo di suolo e stiamo facendo una corsa contro il tempo per cercare di salvare quello che è possibile salvare di un territorio allo stremo a causa dell’edificazione selvaggia degli ultimi decenni, qualcuno pensi di chiedere ancora deroghe ai vincoli. A Roma, dove c’è persino l’associazione dei costruttori edili al tavolo, stiamo discutendo dì delocalizzazione degli interventi effettuati in zone a rischio. Le deroghe vanno in direzione completamente opposta».