Il guappo divenuto capoclan. Così terrorizzava i commercianti. “Se non paghi, ti ammazziamo”. Tano Grasso: «Siamo perplessi e amareggiati perché l’omicidio di Notarangelo smentisce la sentenza».
Per il tribunale di Foggia Angelo Notarangelo, 37 anni, l’uomo crivellato a colpi di kalashnikov, non era un boss . Non era il capo clan del Gargano, ma solo un «guappo». E «l’affresco criminale» cucitogli addosso dalla procura di Bari era «sbiadito», «scolorito», «inesistente». L’uomo che con la sua famiglia aveva costruito un impero economico.
Si tratta di due milioni di euro l’anno sulle estorsioni e minacce ai commercianti e operatori turistici di Vieste, per il collegio giudicante foggiano del processo "Medioevo"’ ( conclusosi pochi mesi fa) era solo un «estortore». E ora che su Vieste si consuma l’ennesimo omicidio mafioso e il corpo a terra a terra, in un mare di sangue, questa volta è proprio quello del boss-non-boss Notarangelo, le parole messe nero su bianco nella sentenza "Medioevo" paiono quasi una beffa: “Nessun dato processuale consente di collegare gli attuali episodi allo scenario criminale passato. Si prenda ad esempio che negli anni novanta I’imputato (Notarangelo.ndr) aveva appena dieci anni … » si legge a pagina tre del dispositivo. E proprio in forza di quella sentenza di primo grado (finita con una condanna a undici anni per estorsione) Notarangelo era libero. Aveva solo l’ obbligo di firma serale in caserma. Che "u cìntarìdd", invece, fosse il boss del Gargano, il padrone di Viester lo documentano proprio migliaia di pagine di quel processo. La sua famiglia riusciva ad avere flussi finanziari sui conti corrente, in un solo anno, per quasi due milioni di euro. «E’ da notare – scrivono i pm di Bari negli atti del processo – la netta sproporzione tra la capacità economica dei componenti del nucleo familiare e le disponibilità economico patrimoniali ufficialmente dichiarate. Nelle annualità oggetto di approfondimento, infatti, il citato nucleo familiare ha avuto la disponibilità di flussi finanziari per un importo complessivo di € 1.831.926,78. L’importo risulta, inoltre, costituito da versamenti di denaro contante per un importo di 655.542,41 euro». E i guadagni milionari – sostengono i magistrati – arrivavano con le estorsioni. «La connotazione decisamente "mafiosa" – scrive – ancora la Procura in una delle migliaia di pagine dell’atto di accusa – della metodologia adottata assume tutta la sua valenza nelle parole utilizzate dal Notarangelo per far giungere “all’orecchio” di un commerciante attraverso la "mediazione" del fratello, la pericolosità del suo atteggiamento non collaborativo. Sia nell’equivoca affermazione: "Riferisci a tuo fratello che se non vuole più danni deve mettere noi come guardiani”, che in quella immediatamente successiva altrettanto esplicita: “se non paga entro quattro giorni faccio saltare tutto" ». «Dal 2008 in poi in Vieste – si legge nelle carte di Medioevo – si assisteva ad uri vero e proprio fuoco concentrico su operatori del settore turistico-alberghiero e imprenditori locali, caratterizzato da un modus operandi pressoché costante: furti, danneggiamenti, attentati intimidatori di vario genere (teste di animali, ceri funebri) con associato invito a rivolgersi ai soliti noti ("a chi sai") per il recupero della refurtiva e per la "messa in regola", con l’esplicita. prospettiva di dover subire, in caso contrario, guai più seri. Queste le frasi più ricorrenti: "Mettiti in regola …. Altrimenti ti metteremo in regola noi…"; "rivolgiti a chi sai"; "non vuoi proprio capire … non è uno scherzo ti devi mettere a posto subito se non vuoi problemi…”; ti diamo pochi giorni per metterti regola, contatti chi può arrivare a noi per un accordo annuale, muoviti in fretta e da persone intelligente, non metterci alla prova altrimenti non ci saranno più accordi, ti garantiremo che il tuo villaggio non subirà incendi, furti ed altro, così tu e la tua cara famiglia non avrete più problemi; "avrai tutto indietro" … ; "paga, metti un buon guardiano e paga il caffè a chi lo devi pagare"; "Ti avvisiamo che non avrai più avvisi quindi decidi tu cosa farne della tua vita"; "Tu non sai chi sono io, tu non mi conosci, io e la mia famiglia le persone le ammazziamo"». E Notarangelo si spinge anche a minacciare i carabinieri. Al Maresciallo Pasquale Bottalico, viene fatto recapitare un candelotto di dinamite (la cui natura è stata accertata dal RIS di Roma), con la seguente dedica: "Questa è per il m.llo Bottalica, la prossima volta ti ammazzerò" ». «Siamo perplessi e amareggiati» commenta Tano Grasso, presidente dell’ associazione nazionale antiracket che a Vieste si è costituita parte civile e con i suoi iscritti ha denunciato il boss e i suoi accoliti. «Perplessi perché l’omicidio di Notaranqelo smentisce la sentenza. Amareggiati perché occorre sempre attendere che ci siano fatti violenti per accendere i fari sulle mafie che strozzano il territorio foggiano”.
Giuseppe Caporale
Repubblica