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Malasanità in Puglia, 100 casi in un anno

La regione è terza dopo Calabria e Campania. . Secondo «Codici», solo il 6 % degli episodi viene denunciato.

 

 Sono oltre 100 le segnalazioni di presunti casi di malasanità raccolte, solamente nel 2014, in Puglia dall’associazione «Codici» (Centro per i diritti del cittadino), ma solo il 6 per cento degli episodi genera poi un esposto penale e finisce in un’aula di tribunale. La Puglia, dopo Campania e Sicilia, è la regione dalla quale partono più denunce intercettate dai volontari del Centro per i diritti del cittadino, basti pensare che in tutto il territorio nazionale sono mille le vicende seguite dagli esperti dell’associazione. Eppure, sempre la Puglia è la regione nella quale si instaurano meno processi. Il dato è emerso ieri mattina durante l’incontro dal titolo «Malasanità…di chi la colpa?» organizzato, non a caso, proprio a Bari da Codici. Alla tavola rotonda hanno partecipato, oltre ai segretari nazionali e regionali dell’associazione, Ivano Giacomelli e Maria Bovino, anche diversi docenti universitari, magistrati, dirigenti sanitari pugliesi e alcune vittime o parenti dei presunti episodi di malasanità. Complessivamente, in Italia Codici segue da vicino 50 processi in cui sono imputati medici o personale sanitario, il 55 per cento dei quali nel Mezzogiorno. In tutti questi procedimenti l’associazione si è costituita parte civile e affianca i pazienti o le loro famiglie. «Spesso – spiegano i responsabili di Codici – si tratta di errori per negligenza medica, tante volte ci troviamo dinanzi ad errate diagnosi che in molte circostanze purtroppo hanno portato a decessi. Ma tra le cause della malasanità ci sono anche le carenze strutturali, la mancanza di macchinari, personale o posti letto. La situazione – sostengono – è drammatica e distribuita quasi omogeneamente in tutto il territorio regionale». Tra i casi pugliesi segnalati c’è, ad esempio, quello di una giovane donna di Erchie (Brindisi) sottoposta nel novembre 2011 a taglio cesareo. Durante l’intervento nell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti, a Bari, una garza laparotomica sarebbe stata dimenticata nell’addome della paziente causandole la perdita di 30 centimetri di intestino e continui dolori per 690 giorni prima di essere sottoposta a nuovo intervento chirurgico per l’asportazione della garza nel luglio 2013. Per questa vicenda due chirurghi, uno strumentista, un ginecologo e due infermieri saranno processati dal Tribunale di Bari con l’accusa di lesioni personali colpose a partire dal prossimo 10 marzo. E’ solamente un caso, ma ieri ne sono stati raccontati altri, come quello del bimbo di 18 mesi morto l’estate scorsa a Bari dopo che alcuni medici di Altamura gli avevano diagnosticato una gastroenterite al posto della Seu (risultano essere indagati per omicidio colposo tre medici e un infermiere). E poi, ancora la storia della 87enne morta al Vito Fazzi di Lecce per una caduta dalla barella e il caso del bimbo di 15 mesi morto il 15 gennaio scorso a Lecce per un’infezione polmonare mentre i medici lo avevano dimesso dieci giorni prima diagnosticandogli una sindrome influenzale con placche alla gola (6 medici indagati per omicidio colposo). All’incontro ha partecipato anche Giuseppe Lepore, il padre di Valeria, la 26enne agente di polizia penitenziaria di Toritto, in provincia di Bari, in servizio nel carcere di San Vittore a Milano, deceduta lo scorso 17 luglio dopo aver subito tre interventi ed essere stata trasferita in tre diversi ospedali, tra Manduria, Taranto e Bari (20 i medici indagati per omicidio colposo). «Hanno ucciso mia figlia – ha detto il padre – e mi batterò in tutte le sedi finché non avremo giustizia». «In Puglia non c’è solamente la presunta malasanità – replica il direttore sanitario del Policlinico di Bari, Alessio Nitti, tra i partecipanti al confronto – ma anche tanta, tantissima, buona sanità, fatta di professionalità, abnegazione e lavoro quotidiano». «Accanto alla malasanità – sostiene Giacomelli – c’è poi la malagiustizia, cioè la mancanza di protezione di chi ha subito danni, sia per il riconoscimento del nesso di causalità, una sorta di guarentigia per tutti i reati omissivi, sia per i termini di prescrizione estremamente brevi che rendono palesi ingiustizie a tutte le vittime. Noi abbiamo proposto una legge sui diritti del malato – conclude – che nessuna Regione ad oggi ha approvato».