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Agricoltura, Europa boccia Piano rurale Puglia da 1,6 mld: incomprensibile

La replica dalla Regione: normale dialettica tra uffici.

 

 Il documento inviato da Bari è «incompleto», «poco chiaro», «non coerente», «non comprensibile», oltre a contenere tabelle illeggibili, errori e persino riferimenti di legge non corretti. In 72 pagine, con 640 osservazioni, la Commissione europea ha bocciato il Piano di sviluppo rurale 2014-2020 presentato ad ottobre dalla Regione Puglia: un documento talmente pesante che una nota di trasmissione interna tra gli uffici parla di «osservazioni pesanti, forse mai così puntuali e corpose nella storia delle programmazioni agricole regionali».

Il risultato è che la Puglia, già buona ultima a presentare a Bruxelles – nell’ottobre scorso – il nuovo piano da un miliardo e seicento milioni, perderà adesso almeno altri sei mesi per presentare una nuova versione del Psr e ottenere l’approvazione definitiva.«Si tratta – minimizza Antonella Bisceglia, capo di gabinetto della Regione – di normale interlocuzione con Bruxelles. Alcune sono osservazioni standard, sulle altre è già in corso il confronto che sarà allargato agli attori istituzionali». Ma forse c’è qualcosa di più, come spiega l’incipit del documento datato 13 maggio (in cui si dà conto, tra l’altro, del fatto che il piano presentato alla Ue non ha nemmeno completato il procedimento di Valutazione ambientale strategica, e dunque già per questo non poteva essere approvato): «Oltre al fatto che alla data della presentazione il Psr era palesemente in fase di definizione in alcune sue parti – scrive la Commissione – , il principale punto di debolezza sta nel fatto che l’analisi Swot, l’identificazione dei bisogni e la strutturazione delle misure in risposta a questi ultimi non sembrano formare una struttura chiara, coerente e integrata».

Detto in altri termini: tra esigenze individuate per il mondo agricolo pugliese e proposte di intervento sono state rilevate contraddizioni. È stata ad esempio bocciata – senza appello – una misura cardine, quella che puntava sull’agricoltura integrata. E, in generale, è proprio il merito della scelta di alcune misure di sostegno ad essere fortemente contestato dai tecnoburocrati europei: anche perché in alcune parti del documento la Regione ha fatto errori clamorosi anche nel piano di finanziamento, tipo sbagliare la classificazione della Puglia che per la Ue non è «regione di transizione» ma «regione meno sviluppata» (questo cambia il tasso di cofinanziamento dei contributi).

Facciamo un esempio. In Puglia si registra un costante calo del numero di imprese agricole: però la Regione – accusa Bruxelles – non si è preoccupata nemmeno «di fornire maggiori dettagli sui motivi del calo». E dunque non può costruire un sistema di incentivi che contrasti questa tendenza. Alla misura 6.1 sono ad esempio previsti 100 milioni di aiuti per l’avviamento di imprese da parte dei giovani agricoltori. La misura – dice Bruxelles – è «troppo generica» oltre che troppo discrezionale: la Regione non ha spiegato, ad esempio, perché ha fissato le ore annue di lavoro a 2.200, e «dovrebbe precisare la durata esatta del regime, si dovrebbero specificare il numero e la ripartizione (%) delle rate da pagare al beneficiario». Stesso discorso sulla misura finanziariamente più importante, la 4.1, quella che riserva 330 milioni alla ristrutturazione delle aziende agricole e che è oggetto di 15 osservazioni. «La descrizione delle operazioni si limita a riportare gli obiettivi e non è una descrizione vera e propria delle operazioni da sostenere. Dalle informazioni fornite nella sezione sui costi ammissibili si può dedurre quello che sembra essere previsto dalle operazioni, che però rimane poco chiaro». Per non parlare di veri e propri strafalcioni, tipo questo: «Il Psr indica "sono ammissibili i seguenti investimenti immateriali", ma tali investimenti non sono riportati e vanno quindi inseriti».

Nel miliardo e 600 milioni del Psr pugliese ci sono 990 milioni di fondi europei e 646 di fondi nazionali (452 dallo Stato e 194 di cofinanziamento regionale). Circa metà delle misure è rivolta alla stessa Regione e agli enti locali: su questo la Commissione ha sollevato dubbi, tra l’altro, sulla quantità di fondi destinata a consulenze e ricerche.