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Vieste/ Turismo allo specchio: la zingara e mago Merlino

Riceviamo e pubblichiamo.

 

    Il confronto tra la redistribuzione dei redditi e l’occupazione dell’attuale modello di sviluppo turistico locale con quelli garantiti dalle destinazioni turistiche che hanno strategicamente puntato sulla specializzazione nell’economia dei beni naturali rivelerebbe la misura dello sviluppo mancato. A Vieste negli anni Settanta i pionieri della ricettività turistica non puntarono sulla specializzazione nell’economia dei beni naturali semplicemente perché le strutture ricettive complementari furono costruite senza la licenza di costruzione o in contrasto con questa in aperta violazione della legge 6 agosto 1967, n. 765 “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150”, con licenze di costruzione non rispondenti alle prescrizioni del P.d.F. o non conformi con l’art. 4 della legge regionale 3 settembre 1974, n. 35 “Misure di protezione delle coste in attesa dell’approvazione del piano urbanistico territoriali”, nelle aree archeologiche e nelle zone rilevanti sono l’aspetto paesaggistico. Non ci vuole la zingara per capire che ancora oggi la rendita territoriale è concentrata nelle zone archeologiche “la Salata”, “Molinella”, “Porticello”, “S. Maria di Merino”, “Difensola”, “Sfinalecchio” comprendente anche l’area denominata “Crovatico”, “La Chianca”, “Santa Lucia”, “Pantano”, “Tufara”, “San Lorenzo”, “Scialara”, “Lama le canne”, “Lago di Chiaro”, “S. Felice”, “Campi” e nella zona “S. Andrea” a nord dell’abitato, negli anni Settanta pericolosamente vicina a una delle cinque zone residenziali -“Pantanello”- previste dal Programma di Fabbricazione. E non ci vuole Mago Merlino per ipotizzare una diffusa illecita privatizzazione di aree demaniali o di proprietà pubblica alla base della rendita territoriale.
Tentare di capire come si sia arrivati a tanto potrebbe evitare di ripetere gli errori del passato e indicare la via per rilanciare l’intero settore turistico, chiamando alle proprie responsabilità i pionieri e i loro eredi, per non qualificare il rilancio della destinazione turistica per una presa d’atto del Far West degli anni Settanta. L’obiettivo è di coniugare le presenze turistiche con l’occupazione e la tutela dell’ambiente, non potendo abbattere le strutture ricettive, costruite grazie a escamotage giuridici previsti in ogni caso dalle leggi dello Stato, a favorevoli interpretazioni delle leggi regionali e di ingegnose delibere comunali, e disegnare una destinazione turistica che punti sulla specializzazione dei beni naturali. L’auspicio è di coinvolgere gli imprenditori turistici, che sono gli unici in grado di garantire occupazione, con disponibilità economiche e notevole propensione al rischio d’impresa, in progetti imprenditoriali di respiro pubblico (ad. es. la pulizia delle coste, la gestione delle prenotazioni, la raccolta differenziata, ecc.) che contribuiscano a rendere appetibile l’immagine della destinazione turistica oggi in sofferenza . La pretesa è quella di indicare la via alla politica, nella migliore delle ipotesi succube degli animal spirits.
L’inchiesta che segue è la quarta puntata di un vasto reportage pubblicato a puntate sul sito web http://lazzarosantoro.blogspot.it/. L’analisi politica dell’operato del sindaco Latorre è parziale e non tiene conto dell’importantissimo impegno profuso nell’interesse pubblico in tanti anni di dedizione politica, che eleva il sindaco Latorre ad esempio di corretta gestione della cosa pubblica. A sua parziale discolpa, in relazione all’inchiesta che segue: il Programma di Fabbricazione del Comune di Vieste era stato adottato il 17 aprile 1971 dal Commissario Straordinario dott. Alberico, negli anni Settanta la voglia di riscatto sociale era superiore alle esigenze di tutela ambientale, la pianificazione turistica e urbanistica era sacrificata ai voleri dei consiglieri comunali e dei grossi gruppi economici che promettevano occupazione.
Il Programma di Fabbricazione del Comune di Vieste adottato il 17 aprile 1971 dal Commissario Straordinario dott. Alberico con il beneplacito dell’amministrazione comunale (delibere n° 30 del 19 dicembre 1971 e n° 3 dell’8 gennaio 1972), prevede gli insediamenti per le zone produttive turistiche D1 e D2 ma non regolamenta i campeggi esistenti né prevede zone per complessi ricettivi complementari, non specificatamente previsti nella parte concernente le attrezzature balneari -F4- (località Pantano, Lama le Canne, Campi).
Il Programma di Fabbricazione favorisce esclusivamente la ricettività residenziale e alberghiera negli insediamenti turistici dell’E.N.I. e di Paradiso Selvaggio ad opera di società con notevoli disponibilità di capitali ma, nonostante l’alta domanda di ricettività nelle strutture ricettive complementari, non prevede una tipizzazione specifica -complessi ricettivi complementari- al fine di qualificare un’offerta turistica completa e garantire una ricettività diversificata nel rispetto dell’ambiente. L’individuazione di zone per complessi ricettivi complementari e quindi di norme per i proprietari di aree ricadenti in queste, di norme per i campeggi esistenti che ricadono in zone per complessi ricettivi complementari, di norme per i campeggi abusivi esistenti o che ricadono in zone non compatibili con la tutela paesistica, archeologica e con i bisogni dell’edilizia economica e popolare, rendono impossibile prevedere nel Programma di Fabbricazione una tipizzazione per i complessi ricettivi complementari.
La mancata regolamentazione nel Programma di Fabbricazione dei complessi ricettivi complementari coincide di fatto con l’anarchia sulle coste di Vieste, particolarmente nelle zone archeologiche “la Salata” -che non sarà mai vincolata ai sensi della legge 1089 del 1939 “Tutela delle cose di interesse artistico o storico”- (zona P.d.F.: G), “Molinella” (zona P.d.F.: E2), “Porticello” (zona P.d.F.: E2), “S. Maria di Merino” (zona P.d.F.: G,E3), “Difensola” (zona P.d.F.: G) e in quelle meritevoli di tutela sotto l’aspetto paesaggistico quali “Sfinalecchio” comprendente anche l’area denominata “Crovatico” (zona P.d.F.: E2,G), “La Chianca” (zona P.d.F.: E2,G), “Santa Lucia” (zona P.d.F. E3,D8), “Pantano” (zona P.d.F. F4), “Tufara” (zona P.d.F.: E2), “San Lorenzo” (zona P.d.F.: E3), “Scialara” (zona P.d.F.: C2,E3), “Lama le canne” (zona P.d.F.: F4), “Lago di Chiaro” (zona P.d.F.: E2), “S. Felice” (zona P.d.F.: E1), “Campi” (zona P.d.F.: F4) e nella zona “S. Andrea” (zona P.d.F.: E3).
L’improvvisazione turistica sarà l’ostacolo alla realizzazione del parco naturale attrezzato in località “Montincello”, della riserva naturale “Molinella”, del parco archeologico in località “Difensola” (distretto minerario neolitico) e sarà la causa della distruzione di molti reperti archeologici tra cui il Dolmen di Molinella.
Dopo aver approvato la proposta di lottizzazione e lo schema di convenzione dell’insediamento turistico residenziale di 6500 abitanti denominato “Paradiso Selvaggio” con parere negativo dell’Assessorato all’Ecologia e all’Ambiente della Regione Puglia e con la lottizzazione dell’insediamento turistico residenziale nel delicatissimo ecosistema costiero di Pugnochiuso in dirittura d’arrivo ( si rinvia alla lettura della terza puntata del reportage pubblicata a pag. 2 file:///C:/Users/Lazzaro/Downloads/0%20Gargano%20Aprile%202014%20(1).pdf ), il 20 gennaio 1976 il sindaco Latorre, a pochi anni dalle controdeduzioni della sua amministrazione (Consiglio comunale del 19 dicembre 1971 e dell’8 gennaio 1972) alle richieste della VI sezione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici per l’adozione del Programma di Fabbricazione che non prevede una tipizzazione per i complessi ricettivi complementari, a Far West consolidato sulle spiagge di Vieste, mette sul tavolo della discussione politica la regolamentazione dei complessi ricettivi complementari suggerendo una presa d’atto “sia pure con i necessari ed eventuali correttivi” degli insediamenti turistici locali in un’auspicata variante al P.d.F. o all’interno del P.R.G.: “L’esigenza di modificare l’attuale strumento urbanistico è anche determinata dalla circostanza che lo stesso ha previsto insediamenti turistici in zone e località non conformi a quelle scelte dagli operatori economici del settore e che pertanto allo stato attuale, altro non dovrebbe farsi che adeguare sia pure con i necessari ed eventuali correttivi la situazione ipotizzata a quelle di fatto esistente”. Non condivido: uno strumento urbanistico deve tutelare il territorio e quindi l’interesse generale; non deve prevedere insediamenti turistici in zone e località conformi a quelle scelte dagli operatori economici del settore, che coincisero con le zone archeologiche e con quelle di assoluto pregio paesaggistico.
Diversi sono gli elementi che evidenziano il corto circuito della politica e dell’imprenditoria: 1 La situazione igienico sanitaria è allarmante al punto che il 19 dicembre 1975 l’Associazione campeggi e villaggi turistici del Gargano chiede all’amministrazione comunale il rilascio di permessi per l’ampliamento ed il miglioramento delle strutture igienico-sanitarie, una diversa organizzazione del servizio di rifiuti solidi urbani e l’organizzazione del servizio di espurgo e discarica dei rifiuti liquidi; 2 Il Consiglio comunale alla luce della legge n. 6 agosto 1967, n. 765 e della legge r. 3 settembre 1974, n. 35 non può rilasciare alcuna autorizzazione neanche per la creazione di idonei e sufficienti servizi igienici; 3 La variante al P.d.F., e conseguente regolarizzazione del caos urbanistico e igienico sanitario, richiede l’autorizzazione della Regione Puglia ai sensi dell’art. 10 della legge urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942; 4 Le autorizzazioni di P.S. non sono confortate da idonee garanzie igienico sanitarie; 5 La domanda di posti letto in “qualsiasi tipologia ricettiva e soprattutto per la insufficienza di campeggi non è soddisfatta costringendo “molti turisti stranieri (soprattutto tedeschi e olandesi) ad abbandonare il Gargano”.
   L’eccessiva domanda di posti letto nei campeggi giustificherà per molto tempo, per esigenze di pubblico interesse, l’apertura temporanea, con autorizzazioni prefettizie prima e dei sindaci dopo ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, di campeggi ed altri complessi ricettivi complementari realizzati senza la licenza di costruzione o in contrasto con questa e non confortate da idonee garanzie igienico sanitarie. Le gravi esigenze di pubblico interesse consistono nell’impossibilità di rimandare migliaia di campeggiatori e di dare esecuzione alle ordinanze di chiusura dei campeggi! Queste esigenze hanno la meglio sulla tutela delle zone archeologiche e paesaggistiche e sulle norme igienico sanitarie poiché gli indispensabili presupposti di ordine igienico e sanitario non ci saranno mai. Il pubblico interesse garantisce nei fatti l’improvvisazione turistica e l’accumulazione del capitale. Queste autorizzazioni faranno scaturire veri e propri diritti acquisiti e condizioneranno il lavoro del Commissario D’Agostino (il cui impianto giuridico è condivisibile), che il 4 ottobre 1978 adotterà una variante al Programma di Fabbricazione per la parte relativa a campeggi e attività similari con l’intento di garantire il fenomeno campeggistico nel rispetto dell’ambiente.

Lazzaro Santoro

 

 

 

 

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