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Vieste/ Uccise il cognato e buttò il corpo in mare: chiederà il rito abbreviato

L’omicidio avvenne al largo delle acque viestane, il 16 ottobre scorso. L’imputato ha parzialmente ammesso.

 

 Chiederà il processo abbreviato Riccardo Bramante, il pescatore viestano di 38 anni in cella dal 16 ottobre 2014: i carabinieri lo arrestarono poche ore dopo l’omicidio del cognato Antonio Di Mauro di 39 anni, che l’imputato avrebbe ammazzato con una fucilata in mezzo al mare per poi buttare il cadavere in acqua, corpo recuperato dopo 60 ore. Bramante, in un interrogatorio da lui richiesto e reso al pm un mese dopo i fatti e l’arresto, ammise par­zialmente, sostenendo di aver spa­rato in un momento di rabbia senza rendersi conto di quello che faceva e negando quindi sia d’aver premeditato il delitto, sia d’essersi sba­razzato del cadavere buttandolo in mare, come invece contesta l’accusa. All’origine del delitto al largo di Vieste ci sarebbero rapporti tesi tra i due pescatori: la compagna di Di Mauro e madre di suo figlio è la sorella del presunto omicida. A fine mese, il 31 luglio, l’imputato com­parirà davanti al gup del Tribunale di Foggia Domenico Zeno per l’udienza preliminare. Sono accuse che prevedono in li­nea edittale l’ergastolo quelle con­testate dal pubblico ministero Maria Giuseppina Gravina, che ha coor­dinato le indagini condotte dai carabinieri sfociate già la mattina del 16 ottobre nell’arresto del presunto assassino, chiede il rinvio a giudizio di Bramante Per omicidio preme­ditato «per aver covato – l’intenzione di uccidere da tempo e per aver caricato l’arma a questo Scopo»; la detenzione e il porto illegale dell’ar­ma del delitto, un fucile automatico calibro 12 marca «Benelli»: che fu rinvenuto e sequestrato dai carabinieri; soppressione di cadavere per aver gettato in mare il cadavere; e minacce di morte nei confronti di un amico della vittima e testimone ocu­lare del delitto, cui avrebbe intimato di non raccontare quello che aveva visto. A fronte della richiesta di rinvio a giudizio della Procura, gli avvocati difensori Michele Guerra e Francesco Santangelo, anche alla luce della confessione parziale resa dall’imputato, chiederanno il pro­cesso abbreviato davanti allo stesso gup (rinvierà l’udienza a dopo la pausa feriale non essendoci problemi di scadenza dei termini di carce­razione preventiva che verranno -az­zerati con la richiesta di giudizio abbreviato) per beneficiare dello sconto di un ‘terzo della pena. La difesa punta ad, escludere l’aggra­vante della premeditazione, parlando di delitti d’impeto e spera in una condanna ridotta. Le parti offese sono la compagna della vittima (so­rella del presunto assassino) e madre di suo figlio, ed i fratelli e sorelle di Di Mauro. L’omicidio avvenne all’alba del 16 ottobre scorso in località «La Chian­ca», ad un miglio allargo di Vieste. L’accusa sostiene che Bramante a, bordo di una barca avvicinò l’im­barcazione su cui si trovavano il cognato Antonio Di Mauro e l’amico R.O. usciti per una battuta di pesca; Bramante avrebbe fatto fuoco una volta contro il parente ammazzan­dolo per poi buttare il cadavere in mare, intimare al testimone di stare zitto, quindi rientrare in porto a Vieste. TI testimone a sua volta tornò in porto esùbito dopo raggiunse la locale tenenza dei carabinieri, rac­contando cosa fosse Successo. Alle 11 di mattina del 16 ottobre, poche ore dopo il delitto, Bramante fu rin­tracciato in paese ed arrestato: nella sua barca fu rinvenuto e sequestrato il fucile che avrebbe usato per il delitto. Il cadavere di Antonio Di Mauro fu recuperato dopo due giorni e mezzo, la sera del 19 ottobre nello specchio d’acqua di «Vignanotica»: un sub notò il corpo e diede l’allarme, consentendo di recuperare il cada­vere.

A RICOSTRUZIONE

L’accusa: “intimò al teste di abbassarsi e poi sparò”. Il pescatore dice di aver fatto fuoco perché era fuori di sé.

Sono versioni che coincidono solo su un punto – con l’ammissione dell’imputato di aver sparato contro il cognato – quelle di accusa e difesa nell’inchiesta sull’omicidio di Antonio Di Mauro, il trentanovenne pe­scatore viestano assassinato a fucilate al largo di Vieste all’alba del 16 ottobre scorso, delitto del quale è ‘accusato il cognato, compaesano ed a sua volta pescatore Riccardo Bramante di 37 anni, che fu arrestato dai ca­rabinieri poche ore dopo l’omici­dio. La Procura – che contesta a Bra­mante imputazio­ni da ergastolo vi­sta l’aggravante della premedita­zione in relazione all’omicidio oltre al porto e detenzione illegale di arma, la soppres­sione di cadavere e le minacce al te­stimone oculare – poggia molto ma non solo sulle di­chiarazioni rese proprio da chi assistesse al delitto, un amico e collega di Di Mauro. I due erano usciti all’alba del 16 ottobre scorso per una bat­tuta di pesca e in particolare per. recuperare le reti calate insieme il giorno prima. Era­no in località «La Chianca» ad un miglio dalla costa e stavano issando le reti quan­to intorno alle 6.30 – stando alla ricostruzione di pm e carabinieri che condussero le indagini – si avvicinò una barca con il bordo Bramante e un altro pescatore (estraneo alla vicenda). L’imputato – di­ce l’accusa – avrebbe chiesto dove fosse il segnale delle sue reti, e dopo la risposta si allontanò. Ma la sua fu una breve assenza; stando infatti alla tesi accusatoria, quindici minuti più tardi Bramante tor­nò questa volta da solo, di nuovo si avvicinò alla barca con Di Mauro e l’amico e intimò a quest’ultimo: «ab­bassati, abbassati» per poi rivolgersi al cognato Di Mau­ro, dirgli -«a te cercavo», estrarre il fucile da dietro la schiena e puntar lo contro il compagno di sua sorella. – La vittima designata cercò di difendersi con un remo scagliandolo contro Braman­te che fece fuoco, colpendola al petto. «Mi ha fatto», le ultime parole rivolte da Di Mauro all’amico prima di morire. Bramante avrebbe a quel punto intimato al te­stimone di «buttare in acqua Antonio»: al rifiuto, era stato lo stesso assassino – dice l’ac­cusa – a salire sulla barca dei «rivali», far scivolare il corpo in mare, tornare sulla pro­pria barca e avvertire il te­stimone: «vedi quanto val­gono questi cristiani? Una cartuccia, e tu vedi di tenere la bocca chiusa perchè se no il prossimo sei tu e la tua famiglia: non ti faccio fuori perchè hai una figlia». Il te­stimone rientrato in porto allertò i carabinieri e rac­contò al pm che già 10 giorni prima Bramante gli avrebbe detto di stare alla larga da Di Mauro, altrimenti anche lui sarebbe stato iscritto sul «li­bro dei morti». Ricostruzione, questa dell’accusa, che Bramante re­spinse nell’interrogatorio re­so in carcere a Foggia il 21 novembre- scorso, un mese dopo l’omicidio. Interrogato dopo l’arresto dal pm e dal gip nell’udienza di convalida due giorni dopo, il pescatore si era avvalso della facoltà di non rispondere: poi fu lui stesso, tramite l’avv. Michele Guerra, a chiedere d’essere interrogato dal pm per fornire la propria versione dei fatti. Sostenne che il cognato Di Mauro che l’aveva con lui, che aveva subìto angherie (ri­costruzione contestata deci­samente dall’accusa). Il gior­no dell’omicidio era uscito in barca per recuperare le pro­prie reti senza trovarle, aveva visto un’imbarcazione in lon­tananza avvicinandosi ve­dendo che c’erano il cognato ed un amico: aveva chiesto loro se sapessero dove fossero le sue reti, ricevendo – a suo dire – una risposta sgarbata. Bra­mante sostiene d’essere rientrato in porto, d’aver preso il fucile per­chè era fuori di sè, d’aver raggiunto di nuovo la barca con a bordo cogna­to e amico. Il pre­sunto omicida, nell’ammettere di aver sparato con­tro il parente, sostenne che ci fu un litigio con Di Mauro – contro il quale fece fuoco quando gli scagliò contro il remo. La difesa parla di de­litto d’impeto, con Bramante che nell’interrogatorio so­stenne che nel momento in cui sparò non capiva più niente. Bramante negò quin­di d’aver premeditato l’omi­cidio del cognato; d’aver in­timato al testimone di ab­bassarsi al momento di far fuoco; di avergli ordinato di buttare il cadavere in acqua, sostenendo che cadde come conseguenza della fucilata; di averlo minacciato sia prima dell’omicidio sia in occasione del delitto.
 

la gazzetta di capitanata

 

 

 

 

 

 

 

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