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Antiracket Foggia/ I Panunzio lasciano e chiedono la “restituzione” del nome

Non ha compiuto neanche un anno di vita l’associazione foggiana antiracket già si rompe. Si divide.  Un vero e proprio divorzio si sta consumando al suo interno. E fa rumore, molto rumore. Perché, per quanto i protagonisti se ne stiano andando in silenzio, i loro nomi sono l’essenza stessa dell’antiracket a Foggia: i coniugi Michele Panunzio e Giovanna Belluna salutano Tano Grasso. Hanno formalizzato le loro dimissioni da quella associazione presieduta tanto voluta ed inseguita ed intitolata proprio al padre di Lino, Giovanni Panunzio, imprenditore ucciso dall’antiracket ventitre anni fa. Il presidente della Federazione nazionale antiracket, Tano Grasso, ha evitato di farne menzione ieri, nel corso della cerimonia di sottoscrizione del protocollo con l’Ance. Ma gli appuntamenti del prossimo 6 novembre, confermano plasticamente il divorzio. A Palazzo Dogana, in una cerimonia alla quale prenderà parte l’intera famiglia dell’imprenditore ucciso oltre al magistrato dell’epoca ed attuale presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, e alla referente nazionale di Libera, Daniela Marcone, si ricorderà la figura di Panunzio con l’associazione “Progetto Foggia – eguaglianza legalità e diritti”, attiva da qualche mese sul territorio. Dall’inizio del 2015 per la precisione, periodo al quale risalirebbe l’addio all’associazione antiracket di Lino Panunzio. Sarà una seconda associazione antiracket? Probabile, considerato che i coniugi Panunzio chiederanno al presidente FAI addirittura la “restituzione” del nome dato un anno fa all’associazione presieduta da Cristiana Cucci. Un vero e proprio atto di revoca.
E rilanciano: il disimpegno ufficiale dalle attività dell’associazione non coincidono con un disimpegno morale della famiglia Panunzio, anzi “rafforzano l’intento di combattere in favore della legalità, al fianco della Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Da oggi, senza alcuna contrapposizione alle attività dell’Associazione Antiracket, per noi inizia un nuovo percorso che moltiplicherà le azioni sul territorio e, quindi, amplificherà il senso che ognuno di noi può e potrà dare alla lotta al racket, all’usura, alla criminalità” scrivono in un comunicato stampa.
Perché questo divorzio? Perché in un così breve tempo? Cosa è accaduto all’interno della creatura di Tano Grasso? Perché nessuna menzione ieri? Poteva essere l’occasione per capire. E’ giusto, certo, ricordare le parole del procuratore capo di Bari, Volpe, rispetto alla mancata costituzione degli enti locali nel processo Corona, come Grasso ha fatto. Ma sarebbe stato opportuno anche capire cosa succede tra le mura dell’Antiracket. Ne va della credibilità stessa della lotta e dell’impegno profuso quotidianamente sul territorio dai suoi protagonisti.