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Vieste/ Al boss emergente Raduano 6 anni suo l’arsenale della mala

Cinque anni all’insospettabile ex vigilante che lo custodiva a casa.

 

 Sei anni di re­clusione per Marco Radua­no, 32 anni, viestano, rite­nuto il «proprietario» dell’ar­senale scoperto dalla Polizia nel giugno scorso; 5 anni in­vece per Matteo Dies, 43 anni, ex vigilante, incensu­rato, considerato colui che custodiva per conto del com­paesano fucili, pistole e mu­nizioni. E’ questa la sentenza pronunciata dai giudici del Tribunale di Foggia nel pro­cesso di primo grado a Ra­duano (è considerato un emergente della criminalità garganica, già presunto luo­gotenente del boss Angelo Notarangelo ammazzato in un agguato di mafia nel gen­naio 2015) e a Dies. Sono accusati di concorso in ri­cettazione e detenzione ille­gale di 6 fucili, 1 carabina, 5 pistole e munizioni anche per mitra Kalashnikov. Il pm chiedeva 7 anni di reclusione per Raduano, e 6 per Dies. L’avv. Paolo D’Ambrosio, difensore di Dies, che aveva confessato, chiedeva la condanna al minimo della pena: la difesa aveva pro­posto nei mesi scorsi di pat­teggiare condanne a 2 anni e 8 mesi prima; 3 anni poi; e infine a.3 anni e 6 mesi, ma la Procura aveva rifiutato ri­tenendo le pene basse. L’avv. Francesco Santangelo chie­deva l’assoluzione di Radua­no. Dies è ai domiciliari, Raduano in carcere anche per altre vicende. Agenti del commissariato di Manfredonia, colleghi della squadra mobile foggiana e del Reparto prevenzione cri­mine di Bari il 20 giugno 2015 eseguirono una perquisizio­ne in una casa di via Dante Alighieri a Vieste, in uso a Dies, rinvenendo l’arsenale e arrestando in flagranza l’ex vigilante. In occasione dell’arresto e del maxi-seque­stro, gli investigatori ipotiz­zarono che alcune delle armi potessero essere state usate per agguati avvenuti nell’ul­timo periodo a Vieste: le com­parazioni balistiche hanno dato esito negativo. Raduano fu arrestato per concorso in detenzione d’ar­mi, quale reale “proprietario” dell’arsenale, il primo agosto 2015 su ordinanza di custodia cautelare ai domi­ciliari del gip: per aver vio­lato gli obblighi imposti 1’8 ottobre successivo fu trasfe­rito in carcere. Contro Ra­duano ci sono due elementi: le dichiarazioni rese da Dies durante le indagini, quando disse di custodire armi e mu­nizioni per conto del compaesano; e una sua impronta digitale rinvenuta su uno dei fucili sequestrati. Al processo Dies si è av­valso della facoltà di non ri­spondere alle domande di pm e difesa, in quanto coimpu­tato. Le iniziali dichiarazioni contro Raduano quindi non sarebbero dovute entrare nel processo; il pm ha però chie­sto e ottenuto che fossero acquisite (l’avv. Santangelo si è opposto sostenendo che non c’è prova che il vigilante fos­se stato minacciato o gli fos­sero state promesse «utilità» per tacere in aula). In arringa il legale di Raduano ha so­stenuto che comunque le di­chiarazioni di Dies non po­tevano comunque essere uti­lizzate perchè le rese ai po­liziotti al momento dell’ar­resto, quando non era assistito da un legale; quanto all’impronta di Raduano su un fucile di difesa, ha con­testato le modalità e l’esito dell’accertamento di «scien­tifica». I difensori dei due garganici faranno appello contro la sentenza di primo grado.

 

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