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I fittiani: “Il piano di riordino ospedaliero sarà bocciato”

Reparti spariti e posti letto tagliati.

 

 Un piano così malcongegnato, fin dalle fondamenta, che il ministero non potrà che bocciarlo. Il giudizio, definitivo, è dei fittiani del gruppo consiliare Cor. Che con questi argomenti, al posto degli emendamenti, depositano alla commissione Sanità una relazione demolitoria del piano di Emiliano e del direttore Gorgoni: «Lodevole il percorso di ascolto della commissione — scrivono Ignazio Zullo, Erio Congedo, Luigi Manca, Renato Perrini e Francesco Ventola —ma questo piano non è emendabile, è da rifare».I consiglieri elencano una serie di contraddizioni nel piano di riordino: 11 punti in cui evidenziano le «discrasie rispetto al Decreto Ministeriale 70 del 2015» e su questa base lo giudicano da rielaborare del tutto. Tra le questioni non chiare c’è la scomparsa dagli ospedali baresi dell’endoscopia digestiva, o l’apparente nonsense di una cattedra di Odontoiatria e stomatologia alla quale non corrisponde più un reparto al policlinico, l’insufficienza di posti letto per la psichiatria e la scarsità di posti di terapia intensiva, appena 4, all’istituto oncologico. «Il piano — dice il capogruppo Zullo — dovrebbe essere dimensionato sui reali bisogni della collettività pugliese. E invece: il rapporto posti letto per abitanti è ampiamente disparitario tra territori, a un posto letto ogni 6 mila abitanti a Foggia corrisponde uno ogni cinquantamila nel Leccese; le strutture che serviranno per disegnare la rete del trauma, dell’ictus e dell’infarto vedono ampi territori non coperti da servizi di assistenza. E poi il salvataggio dell’ospedale di Lucera su quali ragioni si basa? Campanilistiche, forse? Perché per essere considerata zona disagiata doveva distare più di 90 minuti dal primo ospedale di primo o secondo livello o più di 60 dal pronto soccorso più vicino. Quegli ospedali declassati come “di base”, non potendo più dare garanzie di diagnosi e di cura, saranno disertati e chiuderanno nei fatti. E più in generale: è stata fatta una simulazione del piano, nel rapporto tra costi e ricavi? Dov’è la necessaria valutazione di sostenibilità economica finanziaria?». In sintesi per i fittiani il piano manca di ambizione, l’ambizione di risolvere i problemi dei cittadini come «Emiliano si era impegnato a fare in campagna elettorale». E per questo sarà bocciato da Roma. «Magari — conclude Zullo — non lo si boccerà tecnicamente, per garbo istituzionale. Ma sono pronto a scommettere che il ministero chiederà una revisione profonda che equivarrà a una bocciatura di fatto».Forza Italia sceglie un’altra via. «Presenteremo — annuncia Andrea Caroppo, capogruppo forzista — più emendamenti a questo provvedimento fatto male, che Emiliano ha elaborato nelle segrete stanze e sfornato in zona Cesarini, cercando di limitare i danni provocati al già disastrato servizio sanitario regionale». Ma anche dalla maggioranza arriveranno richieste di (ulteriore) limatura del piano di riordino. Alfonso Pisicchio e Mario Pendinelli, consiglieri di La Puglia con Emiliano, chiedono di prevedere il «reinserimento dell’Unità operativa di Medicina Fetale nella dotazione dell’ospedale Di Venere di Bari». I Popolari attraverso il capogruppo Napoleone Cera annunciano due emendamenti per gli ospedali di San Giovanni Rotondo e di San Severo, e invita Emiliano «a un’azione decisa per garantire la salvaguardia della qualità del servizio sanitario pugliese». Intanto i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle presentano una mozione per chiedere a Emiliano di schierarsi contro la libera professione per i medici del Sistema Sanitario Nazionale. «L’attività professionale di intramoenia così come di extramoenia esercitata dei medici del servizio nazionale è oramai una palese stortura prevista dal nostro ordinamento — dichiarano i consiglieri Mario Conca e Marco Galante, componenti della commissione sanità — che costituisce non solo una forma di evidente conflitto di interessi e quindi di rischio speculativo da parte dei sanitari, ma contribuisce direttamente all’allungamento delle liste d’attesa e quindi ad inquinare una delle basi fondanti del nostro sistema sanitario, ovvero il principio di appropriatezza».