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Vieste/ L’I.I.S.S. “Fazzini – Giuliani” incontra l’arte dei propri luoghi

 

Eccezionale visita dell’Episcopio.

La caotica frenesia che avvolge le nostre vite spesso ci spinge a trascurare un passato comune a tutti noi viestani in favore del concreto presente o del molto più utopico futuro.
Ma vi è un luogo in cui le leggi della società sono sovvertite, in cui “ciò che è stato” ha una valenza di gran lunga maggiore di “ciò che sarà”, in cui vige un’unica regola: age quod agis, ovvero “Fa’ bene ciò che stai facendo”. Si tratta della “Camera Cromatica” (divenuta anche Associazione Culturale), un laboratorio in cui Francesco Lorusso combina musica e alchimia, letteratura e pittura per ricreare una sensibilità ed una finezza ormai perse. Nel suo antro, ai limiti del confine spazio-temporale, il Maestro si circonda di cultura e, dopo aver contemplato la sempre più ineffabile verità artistica, tenta di risvegliare il sopito desiderio di conoscenza specialmente nelle giovani generazioni.

Quest’anno, nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro, il maestro Lorusso ha guidato noi studenti della classe terza del Liceo Scientifico di Vieste, accompagnati dalle professoresse Lucia delli Santi e Lidia  Carosielli, in un itinerario che ci ha condotti, il 12 aprile, verso luoghi che credevamo di conoscere a fondo e che si sono rivelati, invece, ricchi di segreti.
Il sito di partenza è la chiesa di San Francesco, costruita in onore di Santa Caterina d’Alessandria e dell’ordine monastico delle Clarisse. La struttura, eretta nella prima metà del XV secolo in una località piuttosto defilata della cittadina, che all’epoca contava non più di cinquemila anime, era collegata direttamente al Castello tramite un sottopassaggio, per la maggior parte crollato durante il terremoto del 1646 che distrusse l’intera Vieste medievale. Superato il portale ricco di elementi simbolici, ci si trova davanti ad un mosaico dal sapore esoterico, illuminato da una modesta vetrata che mette in risalto le fattezze di alcune pietà grafiche michelangiolesche, dipinta su una particolare tela a spina di pesce, rinforzata e restaurata. L’opera, di cui si può solo ipotizzare l’autore, testimonia la presenza di artisti spagnoli e il particolare interesse che i vescovi nutrivano per l’arte. Fu il vescovo Nicolò Cimaglia, infatti, a investire gran parte dei fondi del paese nella realizzazione del soffitto della Cattedrale, commissionando tre grandi tele al pittore di origini viestane “Joseph Tomajoli”, impegnato a Napoli durante il 1700, epoca d’oro dell’arte del Meridione. Purtroppo oggi le tele sono visibili con le ridipinture maldestre dell’Ottocento e del primo Novecento, che occultano le cromie e le fattezze originarie.

Risalgono quasi tutte a questo periodo le opere di maggior prestigio, e tre di esse sono conservate in un luogo solitamente chiuso al pubblico, visitato per la prima volta proprio dalla nostra classe: l’Episcopio. La residenza vescovile conserva, oltre alla grande tela raffigurante “La presentazione al tempio” del Tomajoli, due dipinti di Nicolò Porta, uno dei primi allievi e collaboratori, nonché conterraneo del molfettese Giaquinto, raffiguranti S. Giovanni Evangelista e S. Giovanni Battista. L’alone di mistero e meraviglia che avvolge la dimora si infittisce quando nuove porte vengono aperte ed un affresco incompiuto appare per la prima volta ai nostri occhi profani, stupiti, estasiati. La visita all’Episcopio si conclude, ma lascia in ciascuno di noi un sentimento nuovo di piacere e curiosità nei confronti dell’arte. È doveroso ringraziare Monsignor Michele Castoro, il vicario episcopale don Gioacchino Strizzi e don Pasquale Vescera che hanno reso possibile questa eccezionale esperienza formativa, mettendo a disposizione, per la prima volta, un patrimonio privato di notevole importanza a noi della III A Liceo Scientifico e, il 19 aprile, anche alle classi IIIA e IIIB ITT, accompagnati dalla docente Maria Di Vieste.
Nella Cattedrale veniamo deliziati dal capolavoro pittorico e teologico della SS. Trinità, eternata su tela e dalla statua dell’Immacolata del Brudaglio, riportata all’antico splendore che era stato coperto da mani poco abili e ancor meno sensibili. Sollecitati dal Maestro, alcuni di noi, in questo itinerario, si sono improvvisati critici d’arte e tutti abbiamo approfondito la conoscenza del nostro territorio, che è l’obiettivo di questo progetto d’alternanza scuola-lavoro.

La giornata non può che terminare nella Camera Cromatica, dove Lorusso, che ringraziamo calorosamente, conserva gelosamente i frutti del suo impegno in campo artistico. Insieme condividiamo il profumo antico dei pigmenti provenienti da tutto il mondo, mentre i dischi in vinile riempiono l’aria del loro caratteristico suono e i quadri rapiscono i nostri sguardi, ormai incantati da un universo tutto nuovo di cui l’arte è demiurgo

Lucia Ruggieri