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Trabucchi sul mare i “ragni” del Gargano amati da Capossela

Le costruzioni secolari usate dai pescatori per i cefali sono diventate ristoranti e mete di visite guidate.

 

 Mimì, emigrante in Cana­da, a migliaia di chilo­metri, oceano compre­so, dall’amatissimo mare di Peschici, disegnava trabucchi sui fogli. Per nostalgia: «Lo raccon­tava sempre mia nonna», ricor­da Domenico Ottaviano, lo stes­so nome di suo nonno, il "Miche­langelo dei trabuccolanti", scomparso appena un mese fa. Il Trabucco da Mimì, a Punta San Nicola, amatissimo da Vini­cio Capossela («viene qui a ripo­sarsi») è uri punto di riferimen­to, un simbolo, frequentatissi­mo dai giovani che ci vanno a fa­re l’aperitivo al tramonto, un ri­storante e ci sono anche due pic­cole stanze vista mare molto ambite. Mimi tornò dal Canada e prese a dare corpo a quei disegni, venti in tutto, in tutta la Puglia ma anche fuori, fino a Livorno. «Allora andava così, costruivi un trabucco ma chi te l’aveva commissionato quasi sempre non aveva tutti i soldi per pagar­ti e così mio nonno finiva per en­trare in comproprietà. Questo è suo e già dal ’75 il pescato lo cu­cinava per i clienti ed è stata l’intuizione giusta perché, a un certo punto, quando la pesca andava morendo, la trasforma­zione in ristoranti ha contribui­to a salvare i trabucchi conser­vandone la conoscenza», ritie­ne Domenico, 26 anni. «Il trabucco per me è la famiglia e ora è anche il suo lavoro. Il suo futuro. Per i trabucchi qualcosa è cambiato, due anni fa una leg­ge regionale e 200mila euro che stanno per arrivare per i re­stauri. A ricordarlo è Gianni Spalatro che con la onlus "La ri­nascita dei trabucchi" s’impe­gna quotidianamente e da anni per recuperarli e, soprattutto, tramandare l’ingegno antico di queste strutture lignee del seco­lo scorso, pensate per pescare dalla costa, fronteggiando così il mare difficile, umorale e, fino agli anni Settanta, pescoso. «I trabucchi sono nati dall’esigen­za di intercettare le migrazioni – dei cefali, sistema di pesca fortunato quando c’era pesce ma quando la pesca sottocosta è an­data in crisi, il trabucco che è una macchina complessa è sta­to abbandonato». Infatti sul Gargano, essenzialmente nel tratto di costa tra Peschici e Vie­ste, ce n’erano quasi 50, ora ne rimangono tracce di 16, a Vie­ste, Molinella, La Chianca, Pun­ta Lunga, Punta San Lorenzo, Porticello, Torre Porticello, Punta San Francesco, La Ripa, Pun­ta della Testa e Punta Santa Croce e a Peschici, Monte Puc­ci, Punta San Nicola, Furcichel­la, Punta Manacora, Torre Cala Lunga e Cala Lunga. Di questi circa la metà restaurati e opera­tivi. Alcuni, come quello di Pun­ta Manacora a Peschici, di una bellezza vertiginosa, con risto­rante a strapiombo, un piccolo museo della pesca («scavato da noi, piano piano», ricorda l’istituzione del posto Rocco detto Frank, una specie di pirata garganico dall’ accento milanese) che penetra la montagna e sbuca dalla roccia su una loggetta li­gnea sospesa sui flutti, incredibilmente. «Per noi sono un bene culturale, per questo organizziamo appuntamenti di pesca divulga­tiva, anche di notte». L’anno scorso sono arrivati a 8mila visite, segnalate da Lone­ly Planet e dal New York Times (descritte sul sito trabucchidel­gargano.it) e che hanno porta­to all’associazione, qualche giorno fa la bandiera di Golet­ta Verde, come «esempio di tu­rismo esperienziale ed emozio­nale». I 200 mila euro in arrivo saranno impegnati per il re­stauro attraverso dei bandi e per formare futuri trabuccolan­ti. "il trabucco"è legno sul mare» e, peraltro, assai esposto: so­lo qualche settimana fa, infatti, quello di Rodi Garganico ha pre­so fuoco. Inoltre, è struttura ati­pica che insiste sul territorio del demanio e, mentre a Vieste sono state attivate concessioni demaniali, a Peschici non anco­ra. Anche Gianni Spalatro, fi­glio del trabuccolante Vincen­zo, costruttore dei trabucchi di Punta Santa Croce e di Punta San Lorenzo, ha un sogno: «La­sciare il mio lavoro e mettermi a ricostruire trabucchi».

Antonella Gaeta
barirepubblica

 

 

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