Dall’autopsia certezze sull’ora dell’omicidio e sulle armi utilizzate. Ma l’indagine sulla morte di Gianpiero Vescera sembra di difficile soluzione. I possibili collegamenti con altri tre fatti di sangue dei primi mesi del 2015.
S’attende l’autopsia per avere certezze sull’ora dell’omicidio e il tipo d’armi usate per ammazzare Gianpiero Vescera, il ventisettenne viestano già noto alle forze dell’ordine e cognato di un presunto emergente della malavita locale, il cui corpo senza vita è stato rinvenuto nelle prime ore della mattinata di sabato 3 settembre in un uliveto alla periferia della cittadina garganica, sulla litoranea per Peschici. L’esame autoptico, affidato all’istituto di medicinale legale dell’università degli studi di Foggia, dovrà dire con certezza da quanti colpi d’arma da fuoco è stato raggiunto Vescera e il tipo di armi usate. Il medico legale che sabato mattina aveva ispezionato il cadavere sul luogo del delitto, ai carabinieri avevano detto di aver riscontrato almeno 4 ferite da arma da fuoco a nuca, schiena e scapola, riservandosi di pronunciarsi sul tipo d’arma usata: sul luogo dell’omicidio – l’ottavo in Capitanata dall’inizio dell’anno, il primo- a Vieste del 2016, ma il terzo nell’arco degli ultimi venti mesi – i carabinieri non avevano rinvenuto nè bossoli, né proiettili né cartucce, Quanto all’ora della morte è avvenuta la sera di venerdì 2 settembre: Vescera era stato visto in paese sino alle 6 di pomeriggio, girare con il proprio scooter poi rinvenuto parcheggiato in un tratturo a 300 metri dall’uliveto dove il giovane garganico ha trovato la morte. Omicidio di mala collegato ai precedenti tre fatti di sangue (due omicidi e un agguato fallito) avvenuti a Vieste tra gennaio e aprile 2015? Interrogativo che si pongono gli investigatori per dare un movente al delitto. Non sono stati eseguiti stub, alla ricerca di residui di polvere da sparo su sospettati, anche perché il cadavere è stato ritrovato alle 7 di mattina a distanza di ore dalla morte: e lo stub sulle mani e sul volto di sospettati ha un senso se effettuato entro 4-6 ore dall’esplosione di colpi d’arma da fuoco, perché poi le tracce spariscono (ma sui vestiti possono restare anche mesi).