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«La mafia di Capitanata è vitale». Tre fascicoli alla Dda: si riapre la guerra.

Trenta “famiglie” in lotta per la gestione del potere criminale, quasi un record al Mezzogiorno. Un dossier della Dia pubblicato lo scorso ottobre traccia una mappa inquietante sulle mafie foggiane, che ritorna di stretta attualità oggi con tre fatti particolarmente significativi che aprono scenari tutti da rileggere. Primo, la misteriosa “sparizione” di Pasquale Notarangelo, figlio di Onofrio ucciso a Vieste lo scorso gennaio, nipote di Angelo Notarangelo, detto ‘Cintaridd’, considerato elemento di spicco della criminalità organizzata di quella parte del Gargano. Non si esclude che si tratti di un caso di lupara bianca. Secondo, lo strano omicidio di via Ilaria Alpi a Foggia, una settimana fa: il custode di un cantiere edile viene avvicinato da una motocicletta con a bordo due killer e ferito a morte (Matteo Sponsillo è deceduto in ospedale il giorno dopo). Terzo, il duplice omicidio di Antonio Ferrelli e Antonio Petrella ad Apricena, uccisi da cinquanta colpi di kalashnikov. Ferrelli è un uomo legato al clan Di Summa, una delle trenta organizzazioni che agiscono in provincia, in particolar modo nel triangolo compreso tra Lucera, san Severo e Poggio Imperiale, crocevia di importanti traffici di droga. Episodi collegati? Gli inquirenti ritengono che la frastagliata geografia del crimine in Capitanata non permette in questo momento di avere un quadro chiaro della situazione. I fascicoli intano sono al vaglio della Dda di Bari, che ha delegato la polizia giudiziaria di acquisire nuovi elementi utili (ma per il momento si brancola nel buio). Una cosa è certa, il servizio di prevenzione crimine chiesto dal presidente della provincia Miglio (nonché sindaco di San Severo) e concesso dal ministro degli Interni Marco Minnniti rappresenta al momento l’unica svolta strategica per cercare di fare luce su questi episodi allarmanti e di prevenire, appunto, quella che si annuncia una nuova, efferata faida ai piedi del Gargano.