Chi ha «venduto» ai sicari Mario Luciano Romito? Chi ha tradito il cinquantenne boss dell’omonima famiglia manfredoniana che si portava addosso la pesante e pericolosa nomea di confidente di carabinieri? Chi sapeva che Romito, già sfuggito alla morte due volte nel settembre 2009 e giugno successivo nella guerra di mafia contro gli ex alleati Libergolis che contò 6 omicidi su entrambi i fronti, sarebbe transitato per la «Pedegarganica»? O doveva incontrare qualcuno? Scorre anche su questi interrogativi, cui potrebbero fornire risposte tabulati telefonici e testimonianze, l’inchiesta di Dda, carabinieri e Polizia sul quadruplice omicidio del 9 agosto sulla «Pedegarganica». Un commando con 3/4 sicari su una «Ford Kuga» rubata il giorno prima a Trani e ritrovata bruciata poco dopo l’agguato – ma c’è il sospetto della presenza di una seconda squadra di killer su un’altra macchina- pur di far fuori Romito ha ucciso anche il cognato Matteo De Palma, 44 anni, operaio incensurato di Manfredonia che gli faceva da autista: e i fratelli Luigi e Aurelio Luciani di 47 e 43 anni, agricoltori sammarchesi ammazzati solo per essere transitati sul luogo dell’agguato: sono stati eliminati quali potenziali testimoni da non lasciare in vita, oppure per essere stati erroneamente scambiati per guardaspalle di Romito o per le persone con cui il boss aveva appuntamento soltanto per essere su un «Fiat Fiorino pick up», stesso modello d’auto di un allevatore della zona noto alle forze dell’ordine. I cognati viaggiavano su un «Maggiolone»; i fratelli (nulla indica che conoscessero Romito e De Palma) sul «Fiorino»: le auto sono state trovate a distanza di qualche centinaio di metri. Nelle reazioni molti parlano di due innocenti vittime della barbarie riferito ai fratelli Luciani, è vero. Ma le vittime innocenti sono tre, perché De Palma ammazzato nel giorno del Suo 44° compleanno, operaio, con la criminalità non aveva nulla a che fare, a meno che non sia una … colpa la parentela con “un malavitoso”. Peraltro la sua presenza come autista pare fosse stata una richiesta dell’ultimo momento da parte di Romito che non poteva guidare quale sorvegliato speciale. Pare che Romito e il cognato fossero partiti da Manfredonia per raggiungere l’alto Tavoliere, forse per una compravendita di auto. Se fosse quella l’unica tappa della trasferta o se il malavitoso avesse un precedente appuntamento con qualcuno nella zona teatro dell’agguato, resta il fatto che il commando sapeva quando e dove piombare su Romito per trucidarlo. Il volto dilaniato da due fucilate era irriconoscibile. Come fu crivellato di colpi (tanto da suscitare il raccapriccio anche di chi eseguì l’autopsia) il fratello maggiore Franco, ucciso con un amico a Siponto il 21 aprile del 2009) nell’ambito della guerra tra la famiglia Romito e gli ex compari Libergolis. Analogie di odio e ferocia, che potrebbe rappresentare una possibile chiave di lettura del movente del quadruplice omicidio. Mario Luciano Romito andava eliminato – sarebbe l’ipotesi investigativa principale per vendetta e per affari. Per vendetta perché la sua vita aveva una scadenza prefissata da parte di chi non perdona ai Romito il ruolo di confidente di alcuni carabinieri, che comportò condanne all’ergastolo e a 26 anni per i tre fratelli Libergolis, storici alleati dei Romito, nel maxi-processo alla mafia garganica della seconda decade del nuovo secolo. Vendetta quindi, ma non solo ampliando il movente agli affari illeciti e allargando lo sguardo a tutto il Gargano; Romito andava; abbattuto subito dopo essere tornato in libertà per far fuori un ipotetico, eventuale concorrente nella gestione degli affari illeciti. Che portano alla droga e alla centralità di Vieste, diventata principale punto di sbarco di tonnellate di marijuana provenienti dall’ Albania e destinate ai mercati di tutta Italia; e dove è in corso un’altra mattanza di cui non si intravede la fine con 6 omicidi, 3 agguati falliti e 1 lupara bianca dal gennaio 2015 a oggi. Mattanza che non si «riduce» a una lotta intestina di un clan locale una volta unitario, ma vedrebbe il coinvolgimento di altri gruppi mafiosi anche di altre aree del Gargano. Controllare le coste significa gestire i traffici di droghe pesanti; e i Romito in passato (anni Novanta) quelle coste le gestivano, arricchendosi con il contrabbando di sigarette. A tutto questo si guarda per capire il movente del quadruplice omicidio e puntare a mandanti ed esecutori.
gazzettacapitanata
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