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Vieste/ I retroscena dell’arresto per stalking con immediata scarcerazione di Marco Raduano

«Diglielo a tuo marito che il servizio sta pronto pure per lui, e stai attenta pure tu». È la frase «clou», che peraltro non sarebbe stata pro­nunciata dall’indagato ma da un suo parente, al centro dell’ultima indagine che ha coinvolto Marco Raduano, 34 anni, sorvegliato speciale, pre­sunto boss emergente della- malavita viestana, arrestato giovedì dai carabinieri con l’accusa di stalking ai danni della moglie del suo presunto rivale Girolamo Perna per due volte sfuggito ad agguati tra il settembre 2016 e il marzo 2017. Arresto cui è seguita dopo 24 ore la scarcerazione di Raduano, disposta dallo stesso gip del Tribunale di Foggia che aveva firmato l’ordinanza cautelare in carcere; e che ha ora imposto il divieto di avvicinare la parte of­fesa.

I presunti atti per­secutori, smentiti da Raduano nell’interrogatorio di garanzia, sarebbero cominciati dopo l’arresto dell’ex amico e attuale presunto rivale Girolamo Perna, finito in carcere lo scorso 13 agosto dopo che i carabinieri sequestrarono un fucile a canne mozze ritenuto nella sua disponibilità. Nel mirino di Raduano, a sentire l’accusa, sarebbe finito anche un compaesano minacciato di essere «bru­ciato vivo», che è cugino di Ornar Trotta, il giovane ristoratore ucciso nel suo locale la mattina del 27 luglio scorso nell’ambito della guerra di mala viestana che dal gennaio 2015 ad oggi ha contato 6 omicidi, 3 agguati falliti (due ai danni di Perna) e una lupara bianca, tutti delitti irrisolti. A Raduano la Procura contesta di «aver minacciato con condotte reiterate nel tempo» la moglie di Perna e un altro viestano «In modo da cagionare loro un perdurante stato di ansia oltre che timore per la propria incolumità personale, al punto di costringera la donna a modificare le proprie abitudini di vita».

Raduano, 34 anni, difeso dagli avvocati Francesco Santangelo e Cristian Caruso, nell’interrogatorio di garanzia di 48 ore fa nel carcere di Foggia davanti al gip firmatario dell’ordinanza cautelare e del pubblico ministero titolare dell’inchiesta, ha respinto le accuse; negato d’aver minacciato, direttamente o indirettamente le parti offese; sostenuto d’essere in buoni rapporti con Perna ( i due sono stati anche indagati insieme nel 2015 di una rapina ad un furgone carico di sigaretta avvenuta a Termoli) con cui è imparentato. I difensori nel chiedere e ottenere la rimessione in libertà di Raduano, che resta indagato a piede libero, hanno sostenuto da una parte l’in­sufficienza dei gravi indizi anche in con­siderazione del fatto che la moglie di Perna ha poi rimesso la querela; e dall’altra sottolineato che il reato di atti persecutori presuppone una reiterazione di condotte, mentre in questo caso tutto si limiterebbe ad un gesto volgare rivolto alla donna, visto – che la minaccia di morte non sarebbe stata pronunciata dall’indagato diretta­mente.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri e dal pm sulla scorta di denunce e testimonianze, i rapporti tra Raduano e Perna -che si troverebbero su due fronti contrapposti negli schiera­menti malavitosi secondo ipotesi inve­stigative in attesa di conferme o smentite – si sarebbe raffreddati nel febbraio 4 quando Raduano tornò in libertà dopo 18 mesi in carcere e ai domiciliari per una serie di arresti (armi, droga, rapina) con processi con­clusisi con assoluzioni (per armi) e ancora aperti per le imputazioni di droga e rapina. Una volta finito in cella Perna il 13 agosto scorso per detenzione illegale di un fucile, la presunta avversione di Raduano si sarebbe indirizzata contro la moglie del detenuto. Il 18 agosto scorso la donna sarebbe stata avvicinata da un’auto con a bordo Raduano che le avrebbe mostrato il dito medio.

Più grave, nella prospettazione accusatoria, il secondo episodio avvenuto il 7 settembre scorso, quando fu sporta denuncia. La giovane viestana sarebbe stata avvicinata da un’auto con a bordo anche Raduano e subito dopo un parente dell’indagato (che per l’accusa sarebbe stato sollecitato dallo stesso Raduano a fare le minacce) prima le rivolse un insulto e poi la frase: «stai attenta pure tu, diglielo a tuo marito che il servizio sta pronto pure per di lui». Fin troppo ovvio il terrore della vittima visto quanto successo al coniuge che la sera del 28 settembre 2016 fu gambizzato sotto casa mentre era ai domiciliari; mentre 1’11 marzo scorso sfuggì ad un agguato (al quale erano presenti anche la moglie e le figliolette) soltanto perché era armato e rispose al fuoco di due sicari che volevano uc­ciderlo (nessuno restò ferito). Agguato quest’ul­timo avvenuto nella proprietà di Ornar Trotta, il giovane ristoratore ucciso nel suo locale «L’antica Bruschetta» di Vieste alle 2 di pomeriggio del 27 luglio scorso: il ristoratore era seduto al tavolo con la moglie, la figlioletta e un amico quando fece irruzione un killer a volto coperto che lo uccise a colpi di pistola, ferendo di striscio l’amico e dileguandosi su uno scooter guidato da un complice.

Il nome di Ornar Trotta ritorna indirettamente nell’episodio relativo alle presunte minacce che Raduano avrebbe rivolto alla seconda parte offesa dell’indagine, un giovane compaesano. Il 4 settembre scorso il presunto boss emergente della mala viestana (ritenuto in passato il luogotenente di Angelo Notarangelo, alias «Cintaridd» allevatore a capo dell’omonimo clan, ucciso a 37 anni in un agguato mafioso alle porte di Vieste nel gennaio 2015, delitto che innescò la scia di sangue) avrebbe, avvertito un viestano con queste parole: «questa volta ti avviso, se passi un’altra volta al bar di mia sorella e guardi storto la prossima volta ti brucio vivo». Parole che hanno spaventato il destinatario, cugino di Omar Trotta assassinato a fine luglio. Raduano ha respinto anche questa accu­sa.
Che Vieste sia una zona «calda» sotto il profìlo della vertenza si­curezza vista la guerra di mala in atto che coin­volge malavitosi anche di altre zone garganiche, lo conferma il piano di controllo del territorio – varato a metà agosto con la suddivisione della provincia in 5 macro-aree dove concentrare indagini, perquisizioni e rastrellamenti: una delle 5 macro-aree è proprio Vieste, dopo operano anche le unità scelte dell’ Arma «cacciatori di Calabria e Sardegna» inviati di rinforzo sul Gargano.

 

gazzettacapitanata

 

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