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IL MARE ADRIATICO NON È UNA COLONIA. Riceviamo e pubblichiamo.

I permessi di ricerca rilasciati dal Ministero dell’Ambiente alla compagnia petrolifera inglese Spectrum Geo, contestati dalle regioni Puglia e Abruzzo, sono stati validati dal Consiglio di Stato.
Pur di trivellare il mare Adriatico non vengono presi in considerazione elementi fondamentali quali la posizione geografica, la bellezza della costa, le conseguenze sociali ed economiche a lungo termine, la scarsa qualità del petrolio presente. Nemmeno considerata la possibilità di probabili forti impatti ambientali quali subsidenza, scoppi di pozzi, dispersione nel mare di rifiuti speciali, anche tossici.
I rilevamenti geosismici con ausilio di dispositivi air gun si basano su fenomeni di riflessione e di rifrazione delle onde elastiche generate da una sorgente artificiale, una tecnologia che utilizza l’aria compressa con produzione di esplosioni mediante micidiali bolle d’aria con effetti devastanti per la vita della fauna acquatica: mortalità elevate nelle immediate adiacenze degli spari e danni permanenti a vari apparati degli animali colpiti con conseguenze facilmente immaginabili sulla vita di relazione e sulla capacità di sopravvivenza in un sistema ampiamente competitivo come quello acquatico.
Le specie colpite non sono solo i mammiferi marini, ma anche pesci, tartarughe e invertebrati. In particolare, si riscontrano cambiamenti nel comportamento, elevato livello di stress, indebolimento del sistema immunitario, allontanamento dall’habitat, perdita dell’udito temporanea o permanente, morte o danneggiamento delle larve di pesci ed invertebrati. Vasta la letteratura scientifica che addebita ai dispositivi “airgun” lo spiaggiamento in tutto il mondo di tartarughe, balene, delfini, rendendo chiara l’idea di un mondo aggredito da scelte, progetti, comportamenti non ulteriormente sostenibili.
I danni all’ecosistema, durante lo scavo dei pozzi esplorativi, sono accertati da una vasta letteratura scientifica. L’Enviromental Protection Agency (EPA) ha rilevato nei fluidi perforanti a base di acqua anche la presenza di metalli quali mercurio, arsenico, vanadio, piombo, zinco, alluminio, cromo, oltre a arsenico, benzene, toluene, xylene. Peraltro, la trivellazione del sottosuolo comporta spesso quale sostanza di risulta acqua miscelata a sostanze oleose con concentrazioni rilevanti di rame, cadmio, cromo, rame, nickel, piombo, zinco, berillio, ferro, bario, nonché isotopi 226 e 228 del radon, gas comunemente riconosciuto come radioattivo.
Oltre agli aspetti etici, ambientali e naturalistici, intesi come necessità e responsabilità di conservare le migliori condizioni per favorire la biodiversità, non sono considerate le esigenze economiche dell’attività di pesca che si svolge lungo tutto l’Adriatico e che per vari altri fattori, legati a problemi di inquinamento del mare e a eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche, soffre già di una crisi forte e prolungata nel tempo che rischia di lasciare a casa migliaia di lavoratori.
Non si considera, poi, – atteggiamento tipico di territori ritenuti colonia – la non compatibilità assoluta di attività volte all’estrazione petrolifera con i pregi e le bellezze della costa adriatica sulla quale si svolge un’attività economica turistico-culturale rilevante e fiorente.
Le aree protette e di particolare pregio ambientale, naturalistico, paesaggistico, storico, culturale che sono state istituite e riconosciute lungo la costa interessata dalle trivellazioni sono le seguenti:
Parco nazionale del Gargano;
Parchi regionali: Delta del Po, Conero, Fiume Ofanto, Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo, Salina di Punta della Contessa, Costa Otranto, Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase;
Riserve naturali statali: Dune e isole della sacca di Gorino, Po di Volano, destra foce fiume Reno, duna costiera porto Corsini, pineta di Ravenna, duna costiera ravennate e foce torrente Bevano, salina di Cervia, pineta di Santa Filomena, Lago di Lesina, Isola Varano, Ischitella e Carpino, salina di Margherita di Savoia, Torre Guaceto, San Cataldo, Le Cesine;
Riserve naturali regionali: calanchi di Atri, lecceta di Torino di Sangro, punta Aderci, salina punta della Contessa, Bosco Cerano;
Aree marine protette (tratti di mare, costieri e non, in cui le attività umane sono parzialmente o totalmente vietate): Torre del Cerrano, Isole Tremiti, Torre Guaceto.
Sono inoltre centinaia i monumenti naturali, i parchi suburbani, i parchi provinciali, le oasi di associazioni ambientaliste (WWF, Pro Natura, LIPU) riconosciute come aree naturali protette, e innumerevoli i siti appartenenti alla Rete Natura 2000, considerati di grande valore in quanto habitat naturali dagli eccezionali esemplari di fauna e flora, istituiti nel quadro della “direttiva habitat”, al fine di preservare specie ed habitat per proteggere la biodiversità nell’ambito del territorio dell’Unione europea, tenendo in conto gli aspetti economici, sociali e culturali locali e regionali nel quadro di uno sviluppo sostenibile.
Il mare Adriatico deve essere difeso e tutelato dall’attività estrattiva del petrolio, che è da ritenersi in forte e totale contrasto con l’ambiente, l’economia, la storia, le tradizioni che si svolgono lungo la costa adriatica da Rimini sino a Santa Maria di Leuca, peraltro un territorio ampiamente antropizzato che promuove e valorizza in ogni occasione il turismo di qualità, i prodotti ittici, i sempre più numerosi prodotti agricoli “slow food”, la consolidata immagine di territorio sano che si avvia verso uno sviluppo sempre più sostenibile.
L’estrazione di scarse quantità di petrolio pesante, con guadagni irrisori da parte dello Stato, non deve e non può giustificare l’aggressione alle attività produttive, alla salute pubblica, ai delicati equilibri di flora e fauna di gran parte del mare Adriatico.

Michele Eugenio Di Carlo

 

 

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