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Sanità/ Ospedali, la Puglia migliora ma resta lo scandalo cesarei

Un barese anziano ha due possibilità su tre di essere sottoposto a riduzione della frattura di femore entro due giorni, un foggiano scende a meno del 40 %. È «variabilità» la parola d’ordine della sanità pugliese, almeno per ciò che emerge dai dati 2017 del Programma nazionale esiti: nel 2016 – il primo anno «pieno» di gestione Emiliano – il sistema ha mostrato numerosi passi avanti, ma restano sacche di inefficienza su cui il presidente della Regione ha avuto parole durissime. Gli «esiti» sono trattamenti misurabili statisticamente che forniscono una qualche indicazione sul funzionamento del sisterna, tanto da essere utilizzati anche come parametro di valutazione – nel Dm 70 – sul funzionamento degli ospedali: chi non rispetta gli indicatori va in piano di rientro. In questo senso, la Puglia passa da 12 ospedali adempienti nel 2015 a 16 nell’ultima rilevazione, avendo recuperato a Taranto e Brindisi (restano inadempienti solo «Ss Annunziata» e «Perrino») ma arretrando a Bari (Putignano) e Foggia (San Severo). E se la Puglia ha anche alcuni esempi di eccellenza a livello nazionale (l’ortopedia del «Divenere», che tratta il 100% delle fratture di femore nei tempi prescritti, e il punto nascita di Barletta che mantiene i cesarei a livelli standard); restano situazioni critiche: sono i piccoli reparti che effettuano un numero di prestazioni troppo basso rispetto ai parametri ministeriali e che, hanno spiegato i vertici dell’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari) sono anche quelli in cui statisticamente l’esito è migliore. Detto in altri termini: più interventi si fanno, minore è la probabilità di errori. Da questo punto di vista, resta scandalosa la situazione dei tagli cesarei, per la quale Agenas parla di «comportamenti opportunistici», ma i dati statistici fanno pensare – lo ha detto Emiliano – «a situazioni da codice penale». Nel 2016 la Puglia era al 31,8 % di tagli cesarei (contro un livello ottimale del 15%), anche qui con grande variabilità territoriale (dal 25% nella Bat al 44% di Brindisi). Ebbene, si scopre che mentre a Barletta la percentuale è del 19%, nell’ospedale di Francavilla Fontana i cesarei sono al 65,8%. Ma ci sono pure punti nascita, come la Salus di Brindisi e l’ospedale di Cerignola, in cui il sovrannumero di cesarei viene giustificato con un 19% di casi di «posizione anomala del feto» per il quale la media nazionale è del 5%. «È piuttosto strano – secondo gli esperti dell’Agenas – che ci sia una tale concentrazione di eccezioni in piccoli reparti». È molto più probabile che quei dati non siano veritieri. Si torna dunque a un problema antico: nel 2016 in Puglia c’erano ancora 5 strutture che effettuano meno di 500 parti l’anno. E, guarda caso, tolto il «Perinei», sono anche quelle in cui il numero di cesarei è maggiore: Grottaglie, Casarano (questi due nel frattempo chiusi), Gallipoli e Scorrano. «Una ulteriore conferma – secondo il capo del. dipartimelo Salute – della Regione, Giancarlo Ruscitti – dell’importanza di rispettare gli standard ministeriali, perché i piccoli reparti sono dannosi e chi li difende non fa l’interesse dei pazienti».
Un altro dato interessante riguarda i by-pass aortocoronarici, in cui il fattore tempo gioca un ruolo determinante. Lo standard ministeriale per i reparti è di non meno di 250 interventi l’anno. In Puglia non lo raggiunge nessuno, ed i cinque reparti più grandi sono quelli privati (Mater Dei, Anthea e S. Ma-ria a Bari, Villa Verde a Taranto e Città di Lecce), che staccano anche il Policlinico (dove però la mortalità a 30 giorni è la migliore in assoluto). Guarda caso, parliamo di uno degli interventi con la tariffa maggiore: i privati non si muovono a caso. Un quadro in chiaroscuro, dunque, in cui però i segnali di miglioramento sono positivi. «Questo – secondo il commissario straordinario dell’Aress, i Giovanni Gorgoni – conferma l’efficacia dei vari piani di riordino e di riqualificazione delle reti». «Qualcuno ci accusa di operare con criteri ragionieristici – è il commento di Ruscitti – ma se il nostro obiettivo è avvicinarci alle Regioni migliori non c’è altra strada che non sia quella di osservare i numeri».

Massimiliano Scagliarini
gazzettamezzogiorno