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Vico/ TEATRO K – Sipario su ” Bertoldo alla corte del Re Alboino.” e “ Il mio presepio.”

Torna in scena il Laboratorio Teatrale “ TEATRO K “ diretto da Massimo Montagano. Due brevi lavori, la sera del 18 dicembre, alle ore 20.00, presso l’Auditorium comunale “ Raffaele Lanzetta “ con “ Bertoldo alla corte del Re Alboino “ e “ Il mio presepio “. I due lavori teatrali rientrano nel ciclo delle manifestazioni del dicembre nel Borgo Antico – Natale a Vico – organizzato dall’Amministrazione comunale.

La novella di Bertoldo e del Re Alboino, dal romanzo di Giulio Cesare Croce, libero adattamento, rivisto da Massimo Montagano, riporta all’attualità l’antico e moderno concetto della dialettica pronta, del pensiero libero, l’astuzia, la creatività, il sapersi arrangiare in tutte le situazioni, soddisfacendo la curiosità e le richieste del Re Alboino ( il Re che guida i Longobardi in Italia nel 568 d.C.). Non c’è persona, sapiente, consigliere, lo stesso Re, in grado di trasformare le risposte in antifrasi, nonsense, metafore, controdomande, a un puro gioco di indovinelli, come racconteremo nella piece; un mostro di sapienza che riesce ad affascinare il Re e tutta la corte. Il contadino Bertoldo appartiene al mondo di persone quasi sempre analfabete, ha una sua cultura fatta di proverbi, detti, indovinelli, favole e storielle. Svincolandosi così dalle moralità medievali questo personaggio con il suo linguaggio diretto, espressivo e grossolano, con le battute comiche e grottesche ma contemporaneamente aggressive e spietate, con il suo linguaggio basso, terra terra, si contrappone ai riti e all’ambiente della corte miope e ottusa.

Nel secondo spettacolo a più voci “ Il mio Presepio “, testo di Alessandro Pronzato, riduzione teatrale di Massimo Montagano, si pone a fondamento la riflessione sul Natale oggi. Si contesta da parte di tanti la realizzazione del Presepe, nelle case, nelle scuole, nella lunga tradizione. Noi presentiamo un Presepe che non si costruisce ma si scopre per riconoscere che ogni uomo è un Presepe vivente. Cristo nasce nella grotta del cuore dell’uomo, superbo, avaro, lussurioso, goloso, invidioso, accidioso, iroso, perché si liberi da questi vizi e viva come dono gratuito per ogni uomo. Sono voci che parlano alla nostra coscienza, del peso delle nostre passioni che ci tengono inchiodati alle piccolezze del vivere quotidiano: la Passione dell’Essere ( SUPERBIA ) nella gerarchia dei vizi, occupa un posto speciale, ne è la regina perché radicata nella condizione originaria dell’uomo come male ambiguo, come desiderio di conoscere ma al tempo stesso di eccedere la misura. La Passione dell’Avere ( AVARIZIA ) L’avaro di oggi è posseduto dalle cose, accumula e conserva ma non usa, possiede ma non condivide. La sua infelicità è un fallimento della volontà o della ragione. La Passione della Conoscenza ( LUSSURIA ), più che un peccato, appare una forza debordante della natura. Sarà anche un vizio, ma sappiamo come da vizi privati nascano pubbliche virtù e quando i “lumi” della Ragione stanno cedendo il posto alle “lanterne” del Terrore. La Passione Triste ( INVIDIA ), e’ il peccato di Lucifero invidioso dell’uomo, quello di Caino verso Abele, quello di Jago nei confronti di Otello, ma anche quello di Grimilde verso Biancaneve. La Passione dell’Ingordigia ( GOLA ), il vizio che si vede, perché inscritto nella carne, oltre che nell’anima. Ma poi peccato o malattia, vizio volontario o predisposizione genetica, come si chiedono oggi dietologi e medici. La Passione Furente ( IRA ). Lo sguardo del ­filosofo, cogliendone il senso e, o, rendendone una spiegazione teorica, getta luce anche sulle in­finite manifestazioni di questo nodo dell’anima, sulle sue origini naturali e culturali, sulle sue declinazioni storiche, politiche e sociali. La Passione dell’Indifferenza ( ACCIDIA ), diventa malattia psichiatrica nella visione laica e moderna. Come è rappresentato nell’interpretazione occidentale questo male dell’anima. Dall’impazienza di Baudelaire, alla malinconia romantica di Leopardi alla noia di vivere di certi personaggi della letteratura russa, dall’angoscia esistenzialista, al vuoto oscuro e maligno nella mente del depresso dei nostri tempi.

Una serata di teatro per grandi e piccini.   Auditorium comunale, 18 dicembre 2018, ore 20.00.

Michele Angelicchio