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IL LIBRO DELLA SETTIMANA/ ITALIA PER TERRA E PER MARE Riccardo Bacchelli

Da quel Mulino del Po agli ex voto e alla gente del Gargano. Riccardo Bacchelli raccontò la Puglia del 1929. Il piacere della scoperta negli articoli su Monte S. Angelo, Peschici.

Nel 1929, dunque esat­tamente 70 anni fa, ven­ne in Puglia uno tra i maggiori scrittori del Novecento italiano, il bolognese Riccardo Bacchelli (1891-1985). La sua fama, in verità, oggi è ingiu­stamente appannata, ma per de­cenni Bacchelli è stato uno dei più noti scrittori-giornalisti nazionali. Non a caso, dal 1948 in poi, per più volte è stato candidato dall’Italia al Premio Nobel. Il suo romanzo più noto, la corposa trilogia II mulino del Po, ha avuto una notevole for­tuna popolare, anche grazie allo sceneggiato televisivo girato da Sandro Bolchi. Qualcuno, poi, lo ricorda per la legge che porta comunemente il suo nome, approvata nel 1985, che concede un vitalizio ai cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità. Bacchelli, però, non fece in tempo ad usu­fruirne. Legato alla stagione rondista, amante della pagina classicamente elegante e vagamente ottocentesca, ma permeata da temi e spiriti del tutto moderni, Bacchelli ci ha la­sciato un’amplissima produzione letteraria, in cui spiccano delle belle pagine di viaggio, raccolte, nel 1962, nella silloge Italia per terra e per mare. Chi legge questo volume, troverà una sezione intitolata In Gargano, che racchiude 5 dei 7 brani editi sulla «Stampa» nel 1929. Bacchelli si reca a San Marco in Lamis, in Capitanata, dal suo vecchio amico d’università, Giustiniano Antonio Serrilli, che lo guida nel suo tour dauno. Serrilli, che si spegnerà pre­maturamente nel 1943, è stato uno studioso e un fine intellettuale, impegnato anche in ambito politico, e dunque è perfetto per il suo ruolo. Da questa esperienza, Bacchelli trarrà dei pezzi giornalistici che mostrano una grande capacità di penetrazione nello spirito del mon­do pugliese. Il piacere della scoperta di una realtà particolare, come quel­la garganica, si lega sempre alla capacità di cogliere la straordinaria bellezza dell’ambiente e dei mo­numenti. Il suo gusto e il suo fiuto sono infallibili, ma queste notazioni non sono mai esteriori e conven­zionali, dal momento che Bacchelli vuole sempre andare al fondo, gra­zie anche alla sua viva attenzione per la storia e il suo complesso messaggio. Da questa disposizione nascono i suoi affreschi garganici, a partire da Studenti di Bologna, in cui l’ar­rivo di Bacchelli in terra pugliese lascia spazio ai ricordi degli anni universitari, in cui l’olio di Serrilli, «di quello che sa d’oliva e che non piace a quelli che non s’intendono», sbaragliava la concorrenza. In Mon­te Sant’Angelo, poi, l’amore per la storia di Bacchelli trova il suo hu­mus naturale, non senza aggiungere passi di grande intensità, relativi alle popolazioni locali, che lavorano ogni centimetro disponibile («C’è qualcosa dell’amor difficile e da lontano nella loro fame di terra»). In Strade e paesi spiccano le descri­zioni, da Vieste a Peschici, il paese più povero, ma dove nascono le donne più belle, come a offrire un compenso. Non può sfuggire, poi, rincontro con padre Pio. Il brano, Colloquio con uno che un giorno sarà forse sugli altari, ha un titolo per molti versi profetici. Bacchelli giunge a San Giovanni Rotondo con uno spirito diffidente, professando di non credere nei miracoli, ma deve riconoscere la buona fede di padre Pio, la serietà con la quale svolge il suo ministero, la sua ca­pacità di dire «cose fini con parole illetterate, di solida semplicità in­solita». In questo pezzo lo scrittore ri­serva le sue attenzioni anche agli ex voto del convento di San Matteo, nei pressi di San Marco in Lamis. Pro­prio da una di queste tavolette, del 1923, che mostra un giovane morso da un asino, lo scrittore trarrà spunto per il racconto Agnus Dei, dello stesso 1929. L’ultimo brano della sezione, Le isole delle acque verdi, si riferisce alle Isole Tre­miti. Lo scrittore, insomma, ha uti­lizzato in modo intensivo il suo viaggio del 1929, derivandone anche materia per tre racconti (oltre a quello già citato, ci sono Le arancie dell’Unità Italiana e Il brigante di Tacca del Lupo, da cui nel 1952 Pietro Germi ha tratto un film con Amedeo Nazzari). Vent’anni dopo non è mancato un ritorno, come attesta l’articolo In Gargano (Settembre 1949), malin­conico, ma anche pieno di am­mirazione per il senso dell’ospi­talità della gente pugliese. Ma non è tutto. Nel 1950, Bac­chelli intraprese un viaggio da cui ricavò una Ricognizione poetica del­le coste d’Italia, che contiene altre pregevoli pagine, questa volta le­gate al Salento e all’ambito barese. Il riferimento è alle prose intitolate Sancta Mario de Finibus Terrete, Sera in Otranto e La via Adriatica. Si tratta di scritti densi di richiami e riferimenti, che completano l’affresco della regione realizzato da un notevole interprete di un mondo in cui le lettere si uniscono alla mo­ralità e alla misura, lasciandoci un messaggio che merita un’attenta considerazione.

Francesco Giuliani