Impugnata dal governo, bersagliata dalle sentenze del Tar e soprattutto al centro delle polemiche perché potrebbe aprire la strada a grosse operazioni edilizie nei Comuni pugliesi, così come rischia di accadere a Monopoli. La legge regionale sul Piano casa è finita sul banco degli imputati. E pensare che il provvedimento era nato con ottime intenzioni. La prima versione approvata in aula nel 2009 (su un’intesa Stato-Regioni) aveva l’obiettivo di rilanciare l’attività edilizia, in quel momento paralizzata dalla crisi economica, dando il via libera a un aumento delle volumetrie dal 20 al 35 per cento in caso di demolizione e ricostruzione di vecchi edifici. La legge ha consentito anche la riqualificazione di aree degradate. Nel corso degli anni – al contrario di quanto avvenuto nelle altre Regioni – la legge è stata modificata con varie proroghe. Sono state allargate le maglie fino al cambio di destinazione urbanistica. Adesso un articolo del Piano casa è stato impugnato per due volte in pochi mesi dal governo perché potrebbe consentire di fatto una sorta di sanatoria per opere già realizzate. Non solo: si fa sempre più lungo l’elenco delle sentenze del Tar Puglia che fanno a pezzi la legge regionale. La prima sentenza risale a dicembre del 2018 e riguarda lo scontro fra un privato e il Comune di Ruvo di Puglia, con il primo che ha impugnato il rifiuto dello stesso Comune a costruire, secondo il Piano casa, edifici residenziali là dove c’erano depositi per attrezzi agricoli. I giudici non soltanto si sono limitati a dare ragione al Comune, ma hanno anche messo nero su bianco «l’incertezza interpretativa ingenerata dalle molteplici modifiche subite negli anni» dalla legge regionale sul Piano casa. La stessa decisione è stata resa in un’altra sentenza di marzo 2019 relativa al Comune di Andria. L’ultima sentenza simile in ordine di tempo è del 4 giugno scorso e riguarda il Comune di Monopoli. Proprio nella città delle 99 contrade si è accesa in maniera più feroce la polemica sulla legge.