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ZITO (LEGA) Femminicidi e caso Roberta Perillo. Riceviamo e pubblichiamo.

Nonostante i dati falsati provenienti da fonti diverse (risultano 32 donne morte all’anno dal 2017), a fronte di un dato reale prodotto dai centri anti-violenza (120, con una donna uccisa ogni 72 ore), il reato di femminicidio continua a presentarsi in Italia come la prima causa di morte al femminile. L’ultimo caso a noi vicino cronologicamente riguarda quello di Roberta Perillo, la giovane donna uccisa a San Severo (FG) il giorno 11 luglio dal fidanzato trentasettenne e reo confesso in un accesso di lite probabilmente causato dall’intenzione della ragazza di interrompere la relazione. Non sono rari i casi un cui la mancanza di comunicazione o gli effetti di una comunicazione errata, fatta di poche parole o di parole che sono “pietre”, direbbe Carlo Levi, producano conseguenze devastanti, unite a una mancanza di cultura umana, familiare, di educazione non solo agli affetti, al rispetto, ma ad una Legalità di base, anche scolastica. A parte il caso specifico, che lega ancora una volta tutti noi ad un dolore profondo e ad una riflessione sempre più insistente su come una donna o un uomo (perché qui si tratta soprattutto di persone) debbano o possano difendersi da un amore malato e dai suoi ricatti di carattere materiale ed emotivo, le proposte di legge e le leggi in vigore propongono soluzioni che vanno certamente a migliorare la qualità del controllo sociale di tali drammatiche azioni (Educazione civica a scuola, “Codice rosso”, che permette alle donne la veloce audizione entro tre giorni presso i giudici e un iter preferenziale per le denunce introduttive a tale tipo di reato o il Decreto 735 Pillon, il quale cerca di equiparare responsabilità affettive e oneri economici in caso di separazione, garantendo entrambi i coniugi nell’affido condiviso ed evitando di fatto violenze psicologiche legate all’alienazione parentale o all’esigenza di vendetta dell’ex partner penalizzato). In fondo tutto questo si pone come una medicina alla dilagante violenza familiare e relazionale, ma non può sostituirsi ad un percorso educativo e psicologico di chi compie un reato così basso, così blasfemo, così profondamente legato alla cultura della sopraffazione del soggetto più debole per uccidere in realtà spesso la nuova identità culturale, la libertà di scelta, la sopravvenuta indipendenza economica e pensante della donna, l’idea di semplice tassello in un mondo sostanzialmente maschile consacrato dai secoli. La donna è stata massacrata in modi fisici, morali, psicologici per lungo tempo, se si pensa che fino al 1800 le era ancora vietato l’ingresso nelle biblioteche e nelle università (a Grazia Deledda, poi Premio Nobel per la Letteratura, le fu impedito di proseguire gli studi universitari in favore del fratello) ed oggi, in fondo, non va poi così meglio, visto che nella maggioranza delle carriere e delle posizioni di responsabilità, la componente femminile continua ad attestarsi, seppure in possesso di forti competenze e titoli, come una esigua minoranza. Il femminicidio non è dunque solo un atto di eliminazione fisica, ma ha un carattere culturale e come tale meriterebbe di essere ulteriormente approfondito in sede di studio e istituzionale, attraverso sportelli comunali anti-violenza o servizi a reati di questo tipo correlati come la prevenzione in ambito educativo e la progettualità scolastica.

Dott. Maria Lucia Zito

Lega Salvini Premier Provincia di Foggia