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Faide e droga dietro la guerra sul Gargano. La nuova relazione dell’antimafia (2)

Uno dei fronti più «caldi» in Capitanata sul fronte della lotta alla mafia resta il Gargano «connotato dalla presenza di una pluralità di gruppi criminali con forte vocazione verticistica, basati essenzialmente su vincoli fa­miliari, gerarchicamente non legati tra loro, ma influenzati, attraverso antitetiche alleanze, dalle diverse batterie della “Società foggia­na”». Così la Dia nella analisi della situazione sul promontorio dove ci sono gruppi «dediti prevalentemente a traffico di droga; estorsioni (anche attraverso l’imposizione di guardiania abusiva in strutture ricettive e cantieri); furti; rapine ai portavalori; riciclaggio di denaro sporco in attività commerciali». Quali sono i gruppi principali? I Libergolis e gli ex amici e attuali rivali Romito. «I Libergolis originari di Monte Sant’Angelo operano in sinergia» scri­ve la Dia «con altri sodalizi della zona e con il clan foggiano Francavilla; e sono in conflitto con il pian Romito-Gentile» (Francesco Pio Gentile è stato ucciso a Mattinata lo scorso 21 marzo) «di Manfredonia-Mattinata, che vanta rapporti con i clan Moretti e Trisciuoglio della “Società foggiana”; con la malavita di Ce­rignola; e con gruppi del promontorio gar- ganico, in particolare di Vieste e Monte Sant’Angelo».

«La contrapposizione tra i clan Libergolis Romito si ripercuote anche nella faida di Vieste» (dal 2015 ad oggi 10 morti, 1 lupara bianca, 5 agguati falliti) «essendo i Libergolis schierati con il gruppo Iannoli-Perna» (Gi­rolamo Perna è stato ucciso lo scorso 26 aprile); «mentre i Romito risultano alleato del gruppi Raduano su Vieste e del gruppo Ricucci della frazione Macchia di Monte Sant’Angelo». La Dia dà atto dell’«incisivo intervento delle forze di polizia, determinante nel bloccare la stagione di sangue che aveva caratterizzato il primo semestre del 2018» (un ferimento e tre omicidi) «originata dallo scontro tra i gruppi Raduano e Iannoli-Perna. In particolare le operazioni “Neve Fresca”» (arresto di Ra­duano e tre compaesani del 7 agosto 2018 per droga ed armi) «e “Agosto di Fuoco”» (10 arresti per droga e armi nel gruppo Iannoli tra agosto e novembre scorsi) «oltre a conclamare resistenza di quest’ultimi “nuovi” clan quale risultato della sanguinosa scissione nell’am­bito del clan Notarangelo, ne hanno descritto assetti, equilibri e sinergie. Hanno, altresì evidenziato le due indagini antidroga come l’oggetto della contesa tra i sodalizi fosse il controllo delle attività illecite a Vieste, con­fermando l’importanza strategica della cit­tadina sia nel traffico degli stupefacenti, sia nelle attività di estorsione e riciclaggio».

«In un contesto territoriale segnato da un forte dinamismo criminale, le più recenti acquisizioni investigative» si legge ancora nella relazione della Dia «confermano la spic­cata vocazione dei sodalizi garganici al nar­cotraffico internazionale, realizzato attraverso proficue joint venture con criminali albanesi, ai quali viene garantito lo sbarco degli stu­pefacenti (soprattutto marijuana), in larga scala, sulla litoranea garganica; nonché la gestione a livello locale di una florida piazza di spaccio durante il periodo estivo. L’operazione “Neve Fresca” ha posto in evidenza la caratura criminale del capoclan Marco Raduano, con­notato da capacità di coordinare, comandare e finanziare le attività del clan di cui, in tempi brevi è diventato elemento di vertice in­discusso, forte anche dell’appoggio dei Ro­mito-Gentile e dei Ricucci e della malavita di Cerignola. L’indagine ha delineato, inoltre, le caratteristiche fondamentali dell’organizza­zione, che presenta una struttura verticistica con ferree gerarchie, metodologia mafiosa, gestione di una cassa comune, disponibilità di risorse ed uomini, nonché di luoghi (masserie, terreni e casolari) dove tenere i summit e nascondere stupefacenti e armi. L’operazione “ Agosto di Fuoco” (originata dalle indagini in ordine all’omicidio di un elemento apicale della famiglia Notarangelo) ha riguardato in­vece il gruppo Perna-Iannoli, impegnato nel tentativo di colmare i vuoti creatisi nel ri­fornimento delle piazze di spaccio a seguito dagli arresti subiti dal gruppo Raduano». Spaziando poi nel campo delle alleanze sul Gargano, la Dia rimarca come «federato ai Libergolis è anche il gruppo Martino che gravita su San Marco in Lamis. A San Ni­candro Garganico gravitano in contrasto tra loro il gruppo Ciavarrella-Giovanditto (in­debolito dall’arresto della gran parte dei so­dali) ed il clan Tarantino, che sembrerebbe invece in fase di ripresa. Su Vieste opera anche il gruppo Frattaruolo con propaggini su Man­fredonia; mentre il clan Prencipe è originario di San Giovanni Rotondo. Tutti questi gruppi sono attivi nello spaccio di droga, anche con la gestione di piantagioni di cannabis, e nelle estorsioni a imprenditori». Il secondo semestre del 2018 ha segnato anche una svolta nelle indagini sulla strage di mafia avvenuta la mattina del 9 agosto del 2017 sulla strada Pedegarganica vicino San Marco in Lamis quando un commando di killer pur di uccidere il manfredoniano Mario Luciano Romito scarcerato da pochi giorni, uccise anche il cognato Matteo De Palma che gli faceva da autista e i fratelli Aurelio e Luigi Luciani agricoltori sammarchesi in transito con la loro auto. «Il 16 ottobre 2018 i ca­rabinieri» ricorda la Dia «hanno arrestato uno dei presunti autori del quadruplice omicidio» – il manfredoniano Giovanni Caterino che avrebbe pedinato Romito anche il giorno dell’agguato, il processo è in corso in corte d’assise e l’imputato si dice innocente – «ri­tenuto legato ai Libergolis: gli viene contestata l’aggravante della mafiosità sia per la par­ticolare efferatezza sia per le finalità per­seguite, connesse alla volontà della cosca Libergolis di condizionare, attraverso l’eli­minazione del boss Romito, gli equilibri cri­minali dell’intera area garganica. L’inchiesta sulla strage ha fatto luce, tra l’altro, sul presunto coinvolgimento nel quadruplice omi­cidio di un altro pregiudicato appartenente alla mafia garganica» (il manfredoniano Sa­verio Tucci) «rimasto egli stesso ucciso ad Amsterdam, il successivo 12 ottobre 2017, in circostanze non chiare e per mano di un reo confesso» (il manfredoniano Carlo Magno poi diventato collaboratore di Giustizia) «il quale avrebbe appreso direttamente dalla vittima i dettagli sull’eliminazione del boss Mario Lu­ciano Romito. Gli esiti dell’indagine sulla strage, nel confermare quale reggente del clan il nipote del patriarca Libergolis (vista la detenzione di altri elementi apicali) hanno, inoltre, ricostruito gli appoggi su cui gli stessi Libergolis possono contare nell’intero pro­montorio, in particolare, da parte delle fa­miglie Tarantino di San Nicandro Garganico e Lombardi (detti i Lombardone) di Monte Sant’Angelo; nonché il rapporto sempre più organico tra il gruppo Ricucci ei Gentile-Ro­mito»

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