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Vieste/ La caccia agli spacciatori accusati di rifornirsi dai rivali. I retroscena del blitz antidroga NEVE DI MARZO

Gli affari di droga, i prezzi, i luoghi dove nasconderla, la caccia ai nemici dell’altro clan ma anche agli spacciatori ri­tenuti «traditori» per rifornirsi dai rivali, i progetti di morte. Raccontano questo le in­tercettazioni, il cuore dell’inchiesta «Neve di marzo» contro il clan di Marco Raduano (già detenuto dal 7 agosto 2018, per lui richiesta di condanna a 20 anni), sfociata nel blitz del 23 ottobre di Dda e carabinieri con l’arresto di 13 persone (2 ancora da rintracciare) accusate a vario titolo di traffico di droga aggravato dalla mafiosità, armi e oltre 200 episodi di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, av­venuti a Vieste tra il 2017 e il 2018.

Uno degli aspetti valutati nelle 285 pagine dell’ordinanza del gip di Bari Giuseppe De Benedictis è rappresentato dal «cambio di casacca» di alcuni spacciatori, che per ri­fornirsi di droga sarebbero passati dal clan Raduano a quello rivale (capeggiato da Gi­rolamo Perna ucciso lo scorso 26 aprile ndr), con conseguenti spedizioni punitive e pestag­gi. «Dal tenore delle intercettazioni molto duro almeno a parole» scrive il gip «emerge che Michele Notarangelo» (fermato il 19 ottobre per il tentato omicidio di Giovanni Cristalli di 5 giorni prima, riarrestato nel blitz «Neve di marzo») «era alla ricerca dei loro spacciatori che avevano cambiato “ban­diera”, passando dal gruppo di Raduano a quello di Perna, dopo l’omicidio di Antonio Fabbiano», assassinato la sera del 25 aprile 2018.

L’accusa ritiene di aver individuato anche 3 dei pusher da punire, tra cui ci sarebbe stato Gianmarco Pecorelli, che era sospet­tato peraltro dalla Dda d’essere coinvolto nel tentativo di omicidio del 21 marzo 2018 ai danni ,di Raduano, e che poi è stato ucciso il successivo 19 giugno da killer ancora ignoti. «Dalle conversazioni emerge un’indole quanto mai violenta e vendicativa di Nota­rangelo» rimarca il giudice «che si erge a punitore dei traditori e bramoso di vendetta per la morte dell’amico Fabbiano avvenuta qualche giorno prima, agguato dal quale No­tarangelo si salvò fuggendo e non combat­tendo». Il gip nel parlare «dei sanguinari ma irrealizzati propositi di Notarangelo» cita questa frase intercettata: «vedi a questo, io lo prenderei a botte di martello in testa, a questo pisciaturo di…». Anche Danilo Pietro Della Malva, 33 anni arrestato nel blitz e ritenuto elemento di peso del clan Raduano pure col compito di tenere i contatti coi clan di Mattinata, avreb­be minacciato alcuni spacciatori perché non si rifornissero dal clan rivale.

«L’indagato si è autonomamente preso la briga» scrive il gip «di andare a minacciare i…» (persone estranee all’inchiesta ndr) «loro abituali acquirenti, avvisandoli delle possibili ritorsioni nel ca­sco in cui avessero avuto intenzione di ri­volgersi al clan Perna, nel momento in cui il gruppo Raduano soffriva pesantemente per l’attacco dei nemici». Al riguardo il gip cita questa intercettazione a carico di Della Mal­va: «ho acchiappato stamattina due/tre spac­ciatori, vogliono sapere che sta succedendo. Gli ho detto: “se vi acchiappano le persone ditegli che voi spacciatori non volete sapere niente per non creare problemi. Non pren­dete niente neanche dall’altra parte, perchè se prendete la cosa…”». La «caccia» – così la definisce il gip – agli spacciatori che avevano cambiato «bandie­ra» ebbe successo.

Alcuni indagati trovarono un presunto pusher ritenuto «traditore», lo obbligarono a salire in auto e lo picchiarono, tant’è che un indiziato si vantò: «a quello l’ho mazzolato buono buono». Un altro indagato a sua volta «si esaltò nel raccontare le fasi dell’analogo pestaggio subito da un mino­renne». Ai pestaggi si aggiungono i progetti di omicidio rimasti sulla carta, testimoniati da frasi di questo tenore: «gli devo tagliare le mani, non deve sparare più»; «lo uccido, poi dobbiamo giocare a pallone con la testa sua»; «se questo sta in giro lo uccido a botte di martello in mezzo alla strada: lo prendiamo, lo circondiamo, lo uccidiamo di taccarate che poi mi devo mangiare il cuore».

gazzettacapitanata