Un “fil rouge” della mafia garganica con camorra e ‘ndrangheta. E’ quanto ha fatto emergere l’indagine della Dda di Bari su due gruppi criminali dell’area garganica che ha portato all’arresto di 24 persone, 13 in carcere e 11 ai domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga e anni e spaccio. Il blitz è scattato all’alba di ieri mattina: agenti della polizia di stato della squadra mobile di Foggia e i finanzieri del Gico di Bari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del capoluogo regionale, nei confronti di 24 persone residenti in provincia di Foggia e in Calabria, Abruzzo, Molise, Lazio e Piemonte.
Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, nove sono appartenenti a due gruppi criminali del Gargano: il clan Li Bergolis oggi capeggiato da Enzo Miucci, 36 anni, detto “u criatur”, e il clan lucerino Bayan/Papa/Ricci, il cui elemento di spicco viene ritenuto Alfredo Papa, 61 anni. Arrestati anche due soggetti vicini alla “ndrina” calabrese facente capo alle famiglie “Pesce/Bellocco” operanti a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria e Torino, i quali erano in stretti rapporti di affari con l’organizzazione criminale di Monte Sant’Angelo per la compravendita di partite di droga e la fornitura di armi.
Sono stati arrestati anche 13 clienti-pusher dei gruppi criminali di Monte Sant’Angelo e Lucera, i quali provvedevano a collocare lo stupefacente periodicamente acquistato dai garganici e dai lucerini presso la loro clientela in vari paesi dell’Italia centro-meridionale.
L’attività investigativa, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della repubblica di Bari, trae origine da un’altra indagine sulle pressioni esercitate dalla malavita su imprenditori locali attivi nel campo della trasformazione di prodotti agricoli, affinché assumessero alle loro dipendenze soggetti pregiudicati dediti a spacciare stupefacenti ad assuntori sulla piazza di Foggia, i quali a loro volta si rifornivano della predetta sostanza da appartenenti al clan lucerino.
Proprio tale ultima evidenza ha spostato il baricentro delle indagini sul fiorente traffico di sostanze stupefacenti gestito dall’omonimo clan, capeggiato da Alfredo Papa e partecipato dai suoi fedeli sodali, Antonio Valerio Pietrosanto, 51 anni; Francesco Ricci, 49 anni, e Urbano Petito, 60 anni, tutti destinatari del provvedimento cautelare.
Le investigazioni, consistenti in intercettazioni telefoniche e ambientali corredate da attività di osservazione, controllo e pedinamento svolte in contesti territoriali proibitivi, hanno consentito di ricostruire in maniera capillare la fitta rete di pusher-clienti pugliesi, molisani e abruzzesi nei cui confronti gli esponenti del “clan lucerino” smerciavano quasi quotidianamente
significative quantità di sostanze stupefacenti di vario genere.
Sono stati accertati approvvigionamenti di sostanze stupefacenti che il clan lucerino otteneva da esponenti di un gruppo camorristico operante tra Castellammare di Stabia e Pompei; da soggetti facenti capo all’aggregato criminale riconducibile ai Li Bergolis, operante in Monte Sant’Angelo, nonché da soggetti della malavita cerignolana.
Il preliminare monitoraggio degli acquisti di sostanze stupefacenti da parte di esponenti del clan lucerino ha quindi consentito di estendere il raggio di azione delle indagini nei confronti di sodali del citato clan “Li Bergolis” identificati in Matteo Pettinicchio, 34 anni; Libero Lombani, 32 armi; Giulio Guerra, 30 manni; e Giovanni Melchionda,, 34 anni, tutti destinatari del provvedimento cautelare personale.
Le indagini, oltre a disvelare l’intenso traffico di sostanze stupefacenti della compagine riconducibile al clan della mafia garganica Libergolis su scala nazionale, ha rivelato la disponibilità di armi da parte degli stessi: infatti, sono state sequestrate tre pistole semiautomatiche, un silenziatore e trentasei cartucce che il capo clan Miucci aveva ritirato a Torino da esponenti della citata cosca calabrese, Benito Palaia, 40 anni, nonché il suo sodale e referente in Piemonte, Luca Fedele, 37 anni.
Non si esclude che le armi sequestrate potessero servire ad affermare e consolidare la propria egemonia criminale nel territorio garganico, in cui operano plurimi gruppi delinquenziali frammentati in continuo conflitto tra loro per la spartizione delle zone in cui esercitare le proprie attività illecite e privi di un forte, indiscusso vertice aggregante.
L’attività odierna ha inflitto un duro colpo allo storico clan “Li Bergolis”, da anni impegnato in una sanguinosissima faida, tuttora in atto, contro la fazione facente capo ai “Romito-Ricucci-Lombardi”.
In tale contesto ambientale va, peraltro, segnalato il recentissimo omicidio di Pasquale Ricucci, esponente di spicco della criminalità organizzata garganica, assassinato alcuni giorni fa a colpi di fucile dinnanzi al cancello della sua abitazione in via San Pietro, a Macchia, frazione di Monte Sant’Angelo.
In parallelo alle attività “classiche” di polizia giudiziaria, necessarie ad acquisire i riscontri finalizzati a corroborare il quadro accusatorio nei confronti degli indagati, con la collaborazione degli specialisti del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di finanza sono state altresì condotte sofisticate investigazioni economico-finanziarie tese a ricostruire tutte le posizioni economico patrimoniali riferibili ai soggetti indagati e ad altri che fungevano da prestanome per i negozi giuridici relativi ài beni indirettamente posseduti dagli indagati. Ciò ha permesso di sottoporre a sequestro beni risultati nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di 2milioni di euro, consistenti in 10 immobili, 3 autovetture, 2 aziende operanti nel settore del commercio di autoveicoli e 63 rapporti finanziari.
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