Il Piano casa rimarrà in vigore anche per il 2020, perché esiste un consenso più o meno unanime a conservare l’effetto dei bonus di volumetria. Ma non per l’ampliamento e il cambio di destinazione d’uso nelle aree non residenziali, anche se l’emendamento-Santorsola – quello che mercoledì ha spaccato il centrosinistra portando alla sospensione del Consiglio regionale – rischia di creare più problemi interpretativi di quelli che risolve.
Il meccanismo del Piano casa (banalmente: quello che consente tra l’altro di demolire vecchi edifici e di rifarli, più grandi del 35% ma più efficienti dal punto di vista energetico) in questi anni ha fatto cavalcare l’edilizia, come è possibile osservare nel centro urbano di Bari e in alcuni capoluoghi. Ma negli anni la norma «straordinaria» del 2009 (doveva durare due anni, è ancora in vigore) è stata prorogata quasi ovunque e anche ampliata da molte leggi regionali ben oltre lo spirito originario («Un piano straordinario con effetti eccezionali sulla casa», lo definì all’epoca il premier Berlusconi): ecco perché la Puglia, ad esempio, ha ritenuto di mettere in cantiere una legge (la «Legge sulla Bellezza») che renderà ordinario il meccanismo di incentivazione.
La legge attuale sul Piano casa, che senza una proroga scadrà il 31 dicembre, prevede un doppio meccanismo. Il primo: la possibilità di ampliare del 20% (fino a un massimo di 300 metri cubi) edifici residenziali e non residenziali, anche destinando poi questi ultimi a utilizzi residenziali (occhio a questo particolare). Il secondo: la possibilità di demolire e ricostruire vecchi edifìci, con un bonus di volumetria del 35%, purché si rispettino alcuni criteri di edilizia sostenibile.
Il corto circuito che mercoledì ha bloccato l’approvazione della proroga per altri 12 mesi riguarda il primo meccanismo (l’articolo 3), nella parte in cui consente l’ampliamento con contestuale cambio di destinazione d’uso di edifici non residenziali, dunque ad esempio capannoni delle zone industriali.
L’esempio non è casuale, perché il problema riguarda in particolare Monopoli dove da mesi si litiga sul destino dell’area di via Aldo Moro (90 ettari su cui ci sono opifici dismessi per oltre 300mila metri quadrati): se si applicasse il Piano casa con trasformazione residenziale si otterrebbe una seconda città in barba alle previsioni del piano regolatore.
L’emendamento presentato dal vendoliano Mimmo Santorsola in riferimento all’articolo 3 dice in sostanza che la «complessiva volumetria» (dunque quella originale più il bonus) non può essere trasformata in appartamenti se l’immobile ricade in aree non residenziali. Lo spirito dell’emendamento è chiaro (e calza a pennello al caso Monopoli), ma all’atto pratico rischia di creare altra incertezza: va letto nel senso di consentire l’ampliamento solo conservando la destinazione originale, oppure di consentire la trasformazione in residenziale solo della volumetria aggiunta?
Fatto sta che l’emendamento Santorsola è passato (con 19 voti favorevoli e 18 contrari) prima della sospensione dei lavori, e dunque è da lì che si dovrà ripartire nel nuovo esame della legge. Al di là di generiche assicurazioni sulla volontà di approvare la proroga del Piano casa, infatti, non c’è alcuna certezza.
L’ipotesi più probabile è che lunedì (il Consiglio dovrebbe svolgersi martedì) il presidente del Consiglio, Mario Loizzo, si faccia promotore di un incontro della maggioranza per trovare una sintesi: visto che l’emendamento Santorsola ormai è passato, si andrà avanti per completare l’esame della legge di proroga. L’alternativa è inserire le norme di proroga all’interno del previsionale 2020: ma significherebbe scaricare sul bilancio fin- certezza politica del Piano casa, con il rischio di mandare la Regione in esercizio provvisorio.