San Pietroburgo, Natale 1875. Al club degli artisti è in corso una scintillante festa di Natale, durante la quale molti dei presenti cercano di mettersi in mostra e di sembrare più belli e intelligenti.
Un uomo in disparte, guardando con attenzione la scena e i volti degli invitati, nota che tutti si divertono ma che in realtà nessuno è veramente contento, allora decide di smascherare il gioco: «La disgrazia è che voi ignorate quanto siete belli. Ognuno di voi potrebbe subito rendere felici tutti gli altri in questa sala e trascinare tutti con sé.
La vostra disgrazia è nel fatto che vi sembra inverosimile». Fédor Dostoevskij racconta l’episodio nel suo Diario di uno scrittore e mostra che se l’uomo smette di credere nella presenza di qualcosa di trascendente dentro e fuori di sé, diventa insicuro e comincia a disprezzare sé e/o gli altri.
Al fatto di cronaca lo scrittore fa poi seguire un racconto. Alla vigilia di Natale, in un gelido scantinato, un bambino di sei anni, infreddolito e affamato, cerca di svegliare invano la madre. Allora esce per le strade innevate di Pietroburgo con indosso pochi stracci: chi lo incontra finge di non vederlo per non doversene occupare.
Egli si rifugia in una casa piena di persone che festeggiano, ma viene cacciato con la magra elemosina di una moneta che gli cade di mano perché ha le dita congelate. Si rincuora osservando una vetrina piena di giocattoli ma viene colpito e inseguito da un ragazzaccio. Scappa e si nasconde dietro una catasta di legna. Dopo un po’ di tempo finalmente non ha più freddo e sente una voce misteriosa che gli dice: «Vieni alla mia festa di Natale, bambino».
Così si ritrova in un luogo caldo, luminoso e pieno di bambini: ad accoglierlo c’è la madre sorridente. L’indomani, dietro la legna, i proprietari trovano il cadavere del bambino.
Finisce così il racconto II bambino alla festa di Natale da Gesù, e la festa in cui il piccolo si ritrova è l’eternità.
Per Dostoevskij, Dio passa accanto a noi in infiniti modi ma soprattutto nelle creature fragili, come i bambini… Non saremmo liberi se non fosse così, e chi non è libero non può amare.
Gli invitati alla festa «si divertono ma nessuno è contento» perché hanno smesso di credere al Padre che li ama senza riserve: chi non si sente amato, così com’è, fatica ad amare sé e gli altri. Lo vediamo tutti i giorni. Ed è anche la triste storia di Giuseppe da Manfredonia.
“Non ce la faccio più- ha gridato giorni fa- mi stanno tutti prendendo in giro da anni. Solo promesse e messaggi di solidarietà. Non so che farmene, voglio solo una casa per poter vivere in modo dignitoso con il mio papà. Qui fa freddo e quando piove entra l’acqua nel nostro piccolo container”.
E’ l’ennesimo sfogo di Giuseppe Pio Quitadamo, il ragazzo disabile di Manfredonia, costretto a vivere in una fatiscente casa mobile nella palude di Siponto insieme al papà Matteo, anch’egli in cattivo stato di salute. Ancora oggi solo chiacchiere.. e senza distintivo! Giuseppe è ancora più solo.
“Molti cercano di mettersi in mostra e di sembrare più belli e intelligenti. Ma, domani è Natale, non voglio niente – e piangendo rimarca – voglio solo che Gesù Bambino mi ascolti e mi regali una casa con il riscaldamento, l’acqua e un bagno. Nulla di più. Io e mio padre meritiamo solo questo”.
Dostoevskij crede fermamente che Dio passa vicino a ognuno di noi in vesti non appariscenti, chiedendoci di collaborare con lui. L’augurio di riconoscerlo. «Non fatevi sfuggire il momento in cui il Signore fa la sua mossa».