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8 Gennaio/ I DIFETTI ALTRUI

Pensa ai tuoi difetti nella prima parte della notte, quando sei sveglio. Pensa ai difetti altrui nella seconda parte della notte, quando dormi.

ANTICO DETTO CINESE

La sapienza cinese a cui appartiene questo aforisma si riconnette idealmente a una lezione che già nei Vangeli ha una formulazione divenuta proverbiale: «Perché osservi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non consideri là trave che è nel tuo occhio?… Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora vedrai bene per cavare la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello» (Matteo 7,3.5).

La pre­mura soddisfatta con cui riusciamo a elencare la sequenza dei difetti altrui è pari a quella con cui cerchiamo di non esaminare mai i no­stri. È per questo che uno degli esercizi ascetici più tradizionali co­me l’esame di coscienza è quasi del tutto scomparso, persino nei luoghi di formazione spirituale.

Aveva, perciò, ragione il poeta e drammaturgo tedesco Christian Friedrich Hebbel (1813-63) quando nel suo Diario annotava: «Cono­sci te stesso? Potrai rispondere di sì senza paura di sbagliare quando scoprirai in te stesso più difetti di quanti ne vedano gli altri».

Vorrei a margine dell’aforisma cinese sottolineare un aspetto secondario: il proverbio suppone la notte come tempo di verifica. Detto in altri ter­mini, per riflettere su se stessi è necessaria la quiete silenziosa.

Biso­gna che la giornata sia trascorsa con le sue opere e le sue parole, coi rumori e le distrazioni, ed è allora che si può forse creare un’oasi di solitudine. Purtroppo spesso quell’oasi è già occupata dalla televi­sione che è lì per rigettarti nel pettegolezzo e nella vanità.

È solo at­traverso il silenzio e la riflessione che si può comprendere la vera realtà del vizio e della virtù: essi – come scriveva Karl Kraus nei suoi Detti e contraddetti (1909) – presentano qualche somiglianza, ma «so­no parenti solo come il carbone e i diamanti».

Gianfranco Ravasi