Menu Chiudi

2 Febbraio/ LE QUATTRO CANDELE

In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima si lamenta­va: «Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che la­sciarmi spegnere». E così accadde. La seconda disse: «Io sono la fede. Ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere». E così ac­cadde. La terza candela confessò: «Io sono l’amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere». All’improvviso nel­la stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: «Ho paura del buio». Allora la quarta candela disse: «Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza».

PARABOLA EBRAICA

Il nome popolare di «Candelora», assegnato alla festa odierna della Presentazione del Signore, è legato alla benedizione e alla processione con le candele e fiorisce dalle parole del vecchio Simeone che così de­finisce Cristo: «luce per illuminare le genti». Attorno al simbolo del cero acceso si sviluppa anche la parabola ebraica sopra sintetizzata: essa mette in scena simbolicamente la pace, che nella Bibbia è il gran­de dono messianico, e le tre virtù teologali. Anche in questo racconto al centro c’è un bambino, come il neonato Gesù del testo evangelico (Luca 2,22-40): è lui a far sfavillare nuovamente le candele spente.

Sì, perché sulla storia il sudario delle tenebre si allarga spegnendo le luci della pace, dono sempre sospirato, della fede che allarga gli orizzonti e coll’amore che riscalda la vita. Rimane l’ultimo filo di lu­ce, quello della candela della speranza. A essa si rivolge il bambino per riportare in vita la pace, la fede e l’amore. Anche queste nostre riflessioni quotidiane sono spesso segnate dallo sconforto e dal reali­smo che ci induce giustamente a non ignorare il male del mondo. Ma l’ultima parola dovrebbe essere sempre quella della speranza, «il rischio da correre, anzi, il rischio dei rischi» (Georges Bernanos) che riesce a far sbocciare la luce.

Gianfranco Ravasi