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14 febbraio/ NEUTRALITÀ

Vi dico che chi sta neutrale conviene che sia odiato da chi perde e disprezza­to da chi vince.

NICCOLÒ MACHIAVELLI

Trovo curiosamente questa citazione in capo a un articolo su una ri­vista tedesca. La si attribuisce a Machiavelli e così sono andato a cer­carla nel testo originale italiano (si trova nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, opera scritta tra il 1513 e il 1517).

La considerazione che il famoso scrittore fiorentino sviluppa ha una verità indubbia: non ci si può illudere di assidersi comodamente sopra le parti, evi­tando i rischi di una scelta. Anzi, non è neppure corretto in molti ca­si esimersi da un giudizio e persino dallo sporcarsi le mani. Infatti, non sempre l’uno o l’altro campo, Luna o l’altra teoria, L’una o l’altra decisione sono indifferenti o analoghe. Si deve avere il coraggio di scoprire dove c’è il bene e dove il male, il vero o il falso, pur con tut­te le cautele e le riserve del caso.

Volersi conservare neutrali in modo asettico e soprattutto per quieto vivere o, come si usa dire oggi, per «buonismo» o «irenismo» alla fine produce o l’insignificanza oppure il risultato a cui si riferi­sce Machiavelli.

Detto questo con vigore, è però da ricordare che esi­stono situazioni o statuti particolari nei quali l’imparzialità è d’obbligo ed è alla fine fonte di sicurezza per un corretto ordinamento della società. Evidente è il caso del giudice. Ma anche nella nostra semplice quotidianità potremmo essere spesso di aiuto se avessimo una dignità personale tale da poter fungere da mediatori nelle pic­cole contese.

Per far questo, però, è necessario un esercizio molto ra­ro ai nostri giorni, quello dell’ascoltare le ragioni dell’uno e dell’al­tro con pazienza e rispetto, senza prevenzione e sbrigatività.

Gianfranco Ravasi