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Traffico di rifiuti in Capitanata. Aziende sequestrate, 16 arresti. Operazione della guardia di finanza nell’ambito di un’indagine della Dda di Bari. Scattano i sigilli nei confronti di quattro aziende specializzate nel settore

La guardia di finanza di Bari ha eseguito il sequestro di quattro aziende operative nel settore della raccolta e dello smaltimento di rifiuti e di altri beni per oltre 25 milioni di euro. Nell’ambito di una indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia, oltre 100 finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria hanno eseguito alcune misure restrittive nei confronti di una organizzazione criminale dedita al traffico illecito di rifiuti e lo sversamento degli stessi in terreni agricoli della provincia di Foggia, con evidenti riflessi negativi sull’inquinamento ambientale e sulla salute pubblica.

Sono 16 le persone destinatarie di misure cautelari (7 agli arresti domiciliari e 9 con obbligo di dimora) nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Bari su un presunto traffico illecito di rifiuti e gestione abusiva di rifiuti speciali non pericolosi nel Foggiano. Contestualmente alle misure cautelari personali sono stati eseguiti sequestri preventivi per equivalente nei confronti di 4 società e 22 persone fisiche pari al presunto profitto illecito di circa 26 milioni di euro.

In particolare sono stati posti i sigilli a 255 terreni agricoli per una superficie complessiva di 353 ettari, a 48 immobili, 4 complessi aziendali, quote societarie, conti correnti, depositi finanziari e automezzi. È stato disposto anche il sequestro «impeditivo» dei beni impiegati per la realizzazione delle violazioni ambientali, cioè i terreni e i mezzi di trasporto e movimento, per un valore di oltre 3 milioni di euro.

Stando alle indagini della guardia di finanza, coordinate dai pm Renato Nitti, Marco D’Agostino e Marco Gambardella, le società, tutte riconducibili alla famiglia Montagano della provincia di Foggia, per anni, almeno dal 2013, avrebbero abusivamente trattato almeno 240 mila tonnellate di rifiuti conferiti da imprese campane, pugliesi e dai Comuni di Chieuti, Serracapriola, Lucera e San Severo.

I rifiuti, qualificati come «compost», cioè fertilizzante organico stabilizzato biologicamente, in realtà non sarebbe stato trattato secondo le norme e sarebbe stato poi smaltito illecitamente in terreni agricoli del territorio dauno.

Questo avrebbe avuto «evidenti ricadute sulle emissioni odorigene, che hanno suscitato particolare allarme nella popolazione residente, – spiega ala Procura – costretta a respirare aria infestata dalle esalazioni dei rifiuti sversati sul terreno». Per commercializzare questo fertilizzante sarebbe stata in alcuni casi «simulata la permuta con prodotti di derivazione agricola (mosto d’uva) da parte di aziende vinicole», quando non veniva scaricato in località inesistenti.

Le indagini si sono avvalse di intercettazioni e videoriprese, acquisizione di documenti e accertamenti bancari, testimonianze di imprenditori che hanno collaborato e pedinamenti. «L’aggressione patrimoniale – hanno spiegato gli investigatori in conferenza stampa – consente di ristabilire le regole della concorrenza, perché queste aziende che non rispettavano le regole avevano quasi il monopolio del territorio a scapito di quelle oneste».

L’impianto da oggi sarà gestito da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale per consentire il prosieguo dell’attività di conferimento e trattamento dei rifiuti da parte degli enti locali e di privati e salvaguardare i posti di lavoro.