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IL LIBRO DELLA SETTIMANA/ Ai sopravvissuti spareremo ancora di Claudio Lagomarsini

La voce narrante di Ai sopravvissuti spareremo ancora di Claudio Lagomarsini è quella del Salice, un uomo ancora giovane, incaricato dalla madre di vendere la casa di famiglia, in un paese della campagna toscana. Si aggira per la casa in cui è cresciuto con la madre, suo fratello Marcello, Ramona e Diego, figli di Wayne, secondo marito della madre. L’agenzia incaricata della vendita ha provveduto a inscatolare tutti gli oggetti, le suppellettili, i libri e gli arredi della casa; scatole destinate alla discarica. Per caso, istintivamente, ne apre una. Sul fondo trova cinque quaderni numerati. Apre il primo e riconosce la grafia di Marcello.

I diari descrivono e raccontano fatti e persone disegnati da un ragazzo sensibile, introverso, studioso che d’estate preferiva restare a casa a scrivere piuttosto che andare al mare. Marcello descrive ciò che vede, i personaggi nella loro pochezza e brutalità, gli ambienti nel loro squallore. Tutto è personaggio: non solo le persone, ma anche gli ambienti, le strade, le case, gli spazi davanti alle case dove si consumano cene, incontri e scontri. I personaggi non sono molti: una stradina divide due case, quella della famiglia del Salice e di Marcello con accanto la casa della nonna, e quella del Tordo, un loro vicino ottantenne con moglie paralitica e una compagna, la nonna dei ragazzi , agli occhi della quale vuole apparire un eterno conquistatore.

Il Tordo e Wayne battagliano, litigano, gridano, si scontrano su tutto: a fatica, si accordano per coltivare assieme un campo situato accanto alle loro case. L’accordo durerà meno di una stagione, finirà in tragedia e nessuno riuscirà a fermare l’ira bestiale dei due vecchi.

 

Approfondimento

Dalla descrizione degli ambienti, dalla routine della vita quotidiana, dalle occasioni di incontro, dalle attività che i personaggi svolgono si è tentati di collocare la storia negli anni ’50. Invece l’uso del telefonino, la suoneria descritta dall’autore, i programmi televisivi che appassionano i protagonisti raccontano una storia degli anni duemila, di un piccolo paese ai piedi delle Alpi Apuane. Uomini e donne, circondati da figli di cui sanno quasi nulla, trascorrono il tempo della loro vita a litigare con violenza e volgarità. Figli disincantati e disgustati dalla vita loro e dei vecchi che li circondano, costretti in un ambiente umano che disprezzano in silenzio. Qualcuno trova la strada dell’illegalità, esercitata facilmente ai danni del gruppo stesso. Rapine, furti, spaccio di droga.

Marcello, il riflessivo e saggio Marcello, cerca di far emergere e trionfare la ragione nelle contese tra i vecchi. Raramente ci riesce. Fatti di cronaca portano alla ribalta colpi mortali dati da vicini che non si sopportano e che per futili motivi, si aggrediscono, si feriscono, si uccidono. Capita nelle periferie, e non solo, delle grandi e piccole città. Ci siamo imbarbariti. Non parliamo, non comunichiamo, non ci sopportiamo. Mi sembra sia questa la realtà denunciata dall’autore che, nel romanzo, coglie un aspetto inquietante della nostra società.

Non solo i vecchi, però. Il bullismo è un triste e feroce comportamento diffuso tra i giovani sia quando fanno gruppo contro i più fragili, sia tramite i social network che diffondono e danno pubblicità ad azioni e situazioni di soprusi e violenze. Paragono il medesimo atteggiamento volgare, lascivo, spaccone del Tordo, ai comportamenti dei giovani che, in gruppo , compiono violenze su ragazzi o ragazze sole, e se ne vantano pubblicando i video sui social o scambiandoseli tramite i cellulari.

Nella narrazione, l’io narrante che oscura l’autore, racconta poco di sé, nasconde il suo nome, non si sofferma su quello che pensa, sta in disparte, ombra di Marcello, acuto e feroce osservatore.
Lo stile evidenzia scelta e cura di parole ed espressioni che ben descrivono ambienti, personaggi e sentimenti. In particolare il linguaggio di Tordo e Wayne, i loro atteggiamenti, il modo di relazionarsi a donne e giovani definiscono a pieno il carattere iracondo che li connota:

…tendono ad esagerare la cattiveria, ad ingigantire la gravità delle offese, a sopravvalutare fatti insignificanti….