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Coronavirus/ In spiaggia con il distanziometro. Gli imprenditori balneari pugliesi: “avremo soprattutto turismo italiano e prezzi più bassi”.

«L’inverno passerà/ Fra la noia e le piogge/ Ma una speranza c’è/ Che ci siano nuove spiagge»: il verso finale della hit «Spiagge» di Renato Zero rac­chiude sia gli auspici dei pugliesi che vogliono tornare – sconfitto il contagio – alla normalità e alle giornate di mare, che la deter­minazione degli imprenditori re­gionali impegnati negli stabili- menti balneare. «In Puglia ab­biamo circa cinquemila lidi e im­pegniamo in ogni struttura dalle dieci alle venti persone, per un parterre di lavoratori che può su­perare i sessantamila nel perio­do estivo»: così descrive questo settore Toti Di Mattina, presidente di CNA balneari Puglia.

Le spiagge private, come consuetu­dine regolamentata dalla Regio­ne, aprono il 15 maggio ma in questo periodo si curano le ma­nutenzioni per ripristinare le strutture dopo i mesi invernali.

Il futuro sarà calendarizzato con i prossimi provvedimenti del governo, ma il settore ha già aperto tavoli per affrontare le maggiori criticità preparandosi a cambiare la morfologia dei luo­ghi, che non avranno più lettini ravvicinati o spettacolo dj-set all’aperto con centinaia di gio­vani.

«L’ultimo decreto del governo ha interrotto le manutenzioni nei nostri locali – spiega Alfredo Prete, presidente della Camera di commercio Lecce e presidente Sib Confcommercio del Salento – in quanto questa attività non è stata inserita tra quelle priori­taria. Anche per noi la priorità è la lotta al coronavirus e il calo dei contagi, ma per prepararci ad una stagione di emergenza, è uti­le poter terminare i lavori ma­nutentori per tempo». Su questo tema ci sono parecchie incertez­ze: l’Emilia Romagna in accordo con il ministero della Salute, ha autorizzato la ripresa delle ma­nutenzioni («come in Puglia il comune di Vieste», chiosa Prete) ma sarà la Regione Puglia a det­tare la linea finale.

Sul piano organizzativo, sulla falsariga delle misure che po­trebbero essere adottate per bar e ristoranti, anche gli imprendito­ri balneari si stanno preparando alle novità: «Sarà una stagione di emergenza, bisognerà garantire il distanziamento, la sanificazione degli ambienti e dei lettini, il contingentamento delle presen­ze negli stabilimenti o nelle at­tività accessorie come bar e ri­storanti. I prezzi saranno più bassi, la gente non può fare la spesa…», aggiunge Prete.

Il calo di fatturato non è ancora pre­vedibile nel dettaglio, ma sarà rilevante: «Speriamo almeno di allungare la stagione fino alle prime giornate autunnali». Poi c’è il tema della tassazione: «Pa­ghiamo il canone demaniale che dove ci sono pertinenze dema­niali ha livelli inaccettabili, pa­ghiamo l’Imu come se fossimo proprietari, paghiamo un esosa tassa sulla spazzatura, l’iva al 22%: la pressione fiscale su una azienda balneare è del 60 % circa. La priorità però è la proroga delle concessioni, sul binario indicato dalla Legge Centinaio: il sindaco di Bari Decaro ha prorogato le concessioni fino al 2033. È questa la direzione giusta, visto che il settore non è ancora nomato co­me aveva promesso il governo».

Sul tema concessioni, Toti Di Mattina chiarisce: «Avere una concessione a lungo temine, fi­no al 2033, ci aiuterebbe nell’ave­re credito dalle banche. La pro­roga concessa da Decaro ha un valore simbolico importante: nella delibera si specifica come sia una risposta ala grave crisi del momento. E non dimenti­chiamo che è il presidente na­zionale Anci a firmarla…».

«Poi il 15 aprile – conclude Di Mattina – vorremmo andare a fare le ma­nutenzioni, magari con impegno contingentato di operai, ma in modo da farci trovare pronti alla riapertura delle attività. E poi ci faremo trovare pronti anche con una scontistica per i clienti…».

Michele De Feudis

gazzettamezzogiorno