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Abbazia di Monte Pulsano, 25 anni fa il recupero. Nel 2008 «luogo del cuore» grazie all’impegno del Fai Foggia

Venticinque anni fa veniva recuperata dall’oblìo e dall’abbandono nel quale era finita l’abbazia di Pulsano, fondata dal monaco-papa nel VI secolo sul colle che dal Gargano guarda il golfo di Manfredonia, nucleo centrale di una densa serie di eremi straordinari avvolti dai silenzi eterni, nei quali hanno eretto nel corso dei secoli, il proprio luogo di preghiera monaci, anacoreti e cenobiti, orientali e latini.

Una data, quella degli inizi di maggio 1995, che riannodava la storia di un complesso monastico straordinario patrimonio religioso, culturale e civile, che si era interrotta nel 1969 quando fu abbandonata dall’ultimo sacerdote che ne aveva l’affidamento, per avviarsi ad un grave e doloroso processo di degrado tanto da finire a stalla e deposito di refurtiva varia.

A riprendere le fila di un discorso religioso ma anche civile, il “Movimento pro Pulsano” costituitosi nel 1990 per iniziativa di fedeli volontari di Manfredonia e Monte Sant’Angelo, che hanno intrapreso una serie di attività finalizzate alla rinascita dell’abbazia, culminata appunto nel maggio 1995 con l’inaugurazione dell’eremo di san Gregorio Magno dedicato a Santa Maria. Animatore di quel Movimento “custode” di Pulsano è Alberto Cavallini, tra i più accurati studiosi del culto Micaelico e dell’abbazia di Pulsano.

«Il recupero di Pulsano ha significato innanzi tutto la restituzione alla società civile di un grande patrimonio religioso e culturale che ha avuto forte rinomanza nei secoli e un ruolo fondamentale nei rapporti con la chiesa d’oriente della sponda apposta dell’Adriatico, e dunque la riappropriazione di un territorio divenuto interdetto al pubblico» racconta alla “Gazzetta” Cavallini, che svela alcuni retroscena inediti. «Non è stato niente affatto facile venire a capo di una vicenda che si era trasformata con elementi che niente avevano a che fare con la religione e tanto meno con Pulsano.

A parte la sensibilizzazione delle autorità religiose e civili, decisivo è stato il “benestare” concessoci da un allevatore del posto, che praticamente aveva posto il dominio su quel complesso monastico. Solo allora abbiamo potuto rimettere piede in quell’abbazia, ripulirla e renderla accogliente». Sull’altare è stata posta l’icona della Madonna, copia della preziosa icona trafugata nel periodo dell’abbandono, realizzata dall’iconografo di Manfredonia Matteo Mangano e benedetta nella cattedrale di Manfredonia dall’arcivescovo Vincenzo D’Addario.

Rimaneva la strada che collega Pulsano a Monte Sant’Angelo tutta dissestata. Una manciata di chilometri sterrati e pieni di buche, «A darci una mano a risolvere il problema – ricorda Cavallini – è stato quell’allevatore che aveva compreso quale fosse il nostro impegno.

Ci fornì lui alcuni camion di brecciolino che utilizzammo per colmare le buche, ma a questo punto si è presentato un cantoniere della Provincia di Foggia che ci ha appioppato una multa di 500mila lire perché non avevamo richiesto l’autorizzazione. Un grattacapo che finì sul nascere allorquando dicemmo che a fornirci il brecciolino era stato l’allevatore…». Quando le vie del Signore sono infinite e imperscrutabili.

L’operazione di recupero si completò con l’arrivo di una comunità monastica. L’arcivescovo Vincenzo D’Addario, con il supporto di Tommaso Federici, teologo della Pontificia Università “Urbaniana”, riuscì a far distaccare a Pulsano un gruppo di cinque monaci Basiliani che hanno riportato a nuova vita quell’abbazia contornata da 24 eremi più vicini al cielo che alla terra.

Nel 2008, 34.118 segnalazioni hanno decretato per l’eremo di Pulsano il primo posto ne “I Luoghi del Cuore” Fai, grazie allo straordinario lavoro di sensibilizzazione e divulgazione della sezione Fai di Foggia all’epoca guidata dalla compianta Maria Luisa D’Ippolito.

 

Michele Apollonio

gazzettacapitanata