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MANFREDONIA, LA TRISTE STORIA DI UN RAGAZZO CHE HA PERSO IL LAVORO A CAUSA DEL COVID-19. AIUTATO DALLA CARITAS

Una triste storia, l’ennesima, arriva da Manfredonia. A raccontarla è il giornale REDATTORE SOCIALE che ne parla in prima pagina. La storia è quella di un giovane disoccupato di 25 anni che  ogni mercoledì mattina si mette in fila davanti alla mensa dei poveri della caritas diocesana di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo ad aspettare il suo pacco viveri: un po’ di pasta, legumi, salsa di pomodoro, qualche scatoletta di tonno, il latte, il pane. Il necessario per poter andare avanti un’altra settimana a casa, insieme alla sorella e alla nipotina di 8 anni. Senza lavoro da quando l’emergenza coronavirus ha decretato la fine dell’attività in cui lavorava. Ed ora il futuro è ancora più incerto.“Economicamente avevo difficoltà a trovare lavoro anche prima – racconta – mi buttavo dove riuscivo a trovare qualcosa. Negli ultimi anni lavoravo come barista. Ma negli ultimi due mesi siamo stati chiusi e il proprietario ci ha detto che non non riuscirà a riaprire il locale”. La stagione turistica è incerta, chi può fa da sè lasciando a casa i collaboratori, perché ci si aspetta una clientela in forte calo. “Anche mia sorella non lavora, ero l’unico che portava qualche soldo a casa per noi tre: 900 euro ma ce li facevamo bastare – ci spiega il ragazzo che chiede di restare anonimo -.  Sono mesi che non prendo lo stipendio, non vedrò né la cassa integrazione né altro. Devo trovarmi un lavoro, ma al Sud è difficile, ora poi sarà quasi impossibile”.

“Sono sempre di più i ragazzi giovani che si rivolgono alle Carita sottolinea Angela Cosenza, responsabile della sede di Manfredonia. “Prima del Covid19 non facevamo il servizio di distribuzione di pacchi e viveri, ci occupavamo dell’animazione sociale e dell’organizzazione delle parrocchie, che facevano anche questo tipo di servizio – afferma -. Quando è scattata l’emergenza molte parrocchie hanno sospeso le attività perché i loro volontari sono per lo più anziani. E ci siamo attivati noi, ma mai avremmo immaginato la realtà che ci si è prospettata, con un’utenza così variegata e anche così giovane. Quelli che spesso abbiamo chiamato bamboccioni sono ragazzi che ora faticano ad andare avanti da soli”.

I primi giorni si arrivava a distribuire anche 250 pacchi al giorno: “sono arrivate persone che non si erano mai avvicinate a noi oppure persone che venivano qui per altri servizi, come l’aiuto al pagamento delle utenze  e degli affitti, a cui ora si è aggiunto il problema del cibo. Ma quello che mi ha stupito è stato veder arrivare i ragazzi di vent’anni, che vivono da soli,  e che andavano avanti con occupazioni stagionali: camerieri, baristi o pescatori”. E poi mano mano con il passare dei giorni anche i lavoratori edili e chi è impiegato nelle pulizie ha cominciato a chiedere aiuto. “La situazione è grave, nella fase due stiamo notando qualche timido tentativo di ripresa, ma specialmente al Sud sarà dura. Continuiamo a fare distribuzioni di generi alimentari 3 volte a settimana per circa 350 famiglie. Non per tutti, infatti, la fase due significa ripartenza: “Non sappiamo quanti riusciranno a sostenere le spese, restiamo in ascolto della popolazione e continuiamo nel servizio”. Dalle schede compilate all’ingresso del centro di distribuzione risulta che a rivolgersi al servizio ci sono anche tante famiglie che non sanno più come pagare il mutuo e operai in attesa della cassa integrazione. “Dopo la prima fase di aiuti per far avere alle persone qualcosa da mettere nel piatto ci aspettiamo che ci verranno a chiedere come pagare le utenze – conclude Cosenza -. In molti stanno accumulando debiti, è una situazione grave. Quando ci siamo buttati in questa situazione non pensavamo neanche noi di trovarci davanti a questa realtà”.