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6 Giugno/ DOMINIO DI SÉ

Le virtù maestose e degne di rispetto consistono in quel grado di dominio di sé che ci lascia attoniti per la sua sorprendente superiorità.

ADAM SMITH

Adam Smith (1723-90) è noto soprattutto per le sue teorie economi­che di stampo liberistico, ma ha scritto anche di etica, come nel caso di un’opera intitolata Teoria dei sentimenti morali. In essa trovo la battuta che ho sopra citato, una frase un po’ enfatica ma significativa. A tutti, infatti, è capitato di imbattersi in personalità che ci conquistano per la loro «sorprendente superiorità» e Smith ne ritrova la radice nel «domi­nio di sé».

La sua osservazione ha un’indubbia verità. L’arte dell’auto­controllo, del saper frenare parole e atti impulsivi, è frutto di una fer­mezza grandiosa, di un’ascesi interiore, di un esercizio costante.

La sboccata superficialità dei dibattiti televisivi, l’incontrollata fre­nesia verbale di certi politici, pronti a smentire quello che hanno detto un’ora prima, l’agire inconsulto che genera danni spesso irreparabili non possono che far rimpiangere quel dominio di sé ormai andato smarrito.

Bisogna, dunque, mettersi seriamente al lavoro su se stessi; si deve ritrovare la pratica dell’esame di coscienza e l’esercizio della virtù della prudenza. Un proverbio medievale diceva: Quidquid agis, prudenter agas et respice finem, qualsiasi cosa tu faccia, compila con pru­denza, badando al fine, cioè al suo esito ultimo. Tuttavia, in conclusio­ne, vorremmo anche aggiungere una piccola riserva: guai a quel dominio di sé che diventa orgogliosa e gelida autosufficienza!

Gianfranco Ravasi