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25 Giugno/ PERDONA I NOSTRI LAMENTI

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Padre della terra e del cielo, perdonaci i nostri lamenti quando la primavera tarda a venire e quando la nostra estate incerta non risponde ai nostri comandi. La tua stagione sia fatta sulla terra come in cielo e non indurci in proteste ma liberaci dai nostri umori e dai nostri calcoli derisori. Perché è a Te che appartengono il tempo, il temporale e i salti dell’incomprensibile.

FOLKE WIRÉN

È uno scrittore e poeta svedese, Folke Wirén, a comporre questa parafrasi del Padre nostro. Essa è sostanzialmente legata a due nodi tematici. Il primo, negativo, è quello dell’atteggiamento recriminato- rio che spesso domina anche nei credenti.

Ci si lamenta di tutto, si è sempre insoddisfatti, si è quasi convinti che, se il mondo fosse retto secondo i nostri consigli, sicuramente andrebbe meglio. C’è un’in­sofferenza che si trasforma in scontentezza, in frustrazione e irrequietezza. Si perdono le virtù della pazienza, della tranquillità, della sopportazione e si vive in uno stato di sostanziale infelicità.

Ecco, allora, l’altro nodo, quello della fiducia: «Sia fatta la tua vo­lontà» dell’invocazione presente nel Padre nostro non è rassegnazione inerte, sottomissione sconsolata a un potere superiore, ma è il sereno abbandono a un progetto superiore, che forse è segnato da perimetri incomprensibili, ma non è destinato a tormentarci e ad annientarci.

Come osservava Gesù: «Chi tra voi, se un figlio chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buo­ne ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!» (Matteo 7,10-11). Perciò, spe­gniamo i nostri lamenti e accendiamo la nostra fiducia e attesa.

Gianfranco Ravasi


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