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Vaticano/ Sì a nozze e funerali celebrati dai laici, ma senza tariffari

Matrimoni, battesimi e fu­nerali potranno essere celebrati da laici, in casi eccezionali stabili­ti dal vescovo e in mancanza di sacerdoti. Alla crisi delle vocazio­ni, da tempo diventata motivo di dibattito all’interno della chiesa universale, il Vaticano decide di rispondere aprendo le porte della chiesa ai laici.

La decisione è contenuta nell’Istruzione della Congregazio­ne per il Clero, dal titolo «La conversione pastorale della comuni­tà parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa», una sorta di vademe­cum che ridisegna i ruoli e la con­figurazione delle parrocchie.

«Il vescovo, a suo prudente giudizio – si legge nel documento – potrà affidare ufficialmente alcu­ni incarichi ai diaconi, alle perso­ne consacrate e ai fedeli laici, sot­to la guida e la responsabilità del responsabilità del parroco».

Potranno presiedere la Liturgia della Parola, laddove non si potrà celebrare la messa per carenza di sacerdoti, mentre «non potranno in alcun caso tene­re l’omelia durante la celebrazio­ne dell’Eucaristia». Inoltre, preve­de l’Istruzione della Congregazio­ne per il Clero, «dove mancano sacerdoti e diaconi, il vescovo dio­cesano, previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ot­tenuta la licenza dalla Santa Se­de, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni». Altra novità importante del do­cumento del Vaticano è il divieto di tariffari per le celebrazioni dei sacramenti.

Lo aveva più volte sottolineato Papa Bergoglio: una cosa sono le offerte, «un atto libe­ro da parte dell’offerente, lascia­to alla sua coscienza e al suo sen­so di responsabilità ecclesiale», un’altra cosa sono i tariffari. La messa e i sacramenti non posso­no comportare «un prezzo da pa­gare, una tassa da esigere», scrive la Congregazione vaticana.

Non si può, insomma, «dare l’impres­sione che la celebrazione dei sa­cramenti, soprattutto la Santissi­ma Eucaristia, e le altre azioni mi­nisteriali possano essere soggette a tariffari». Il parroco, da parte sua, è tenuto «a formare i fedeli, affinché ogni membro della co­munità si senta responsabilmen­te e direttamente coinvolto nel sovvenire ai bisogni attraverso le diverse forme di aiu­to e di solidarietà».

«Il senso del documento è ricor­dare che nella Chiesa c’è posto per tutti e tutti possono trovare il loro posto nell’unica famiglia di Dio, nel rispetto della vocazione di ciascuno, cercando di valoriz­zare ogni carisma e di preservare la Chiesa da alcune possibili deri­ve, come “clericalizzare” i laici o “laicizzare” i chierici, o ancora fa­re dei diaconi permanenti dei “mezzi preti” o dei “super-laici”», ha spiegato il sottosegretario del­la congregazione vaticana per il Clero, monsignor Andrea Ripa. Vanno evitati «due estremi, quel­lo cioè di una parrocchia in cui il parroco e gli altri presbiteri si occupano di tutto e decidono da so­li di ogni cosa» e il polo opposto, ovvero quello di «una sorta di vi­sione “democratica” in cui la par­rocchia non ha più un pastore, ma solo funzionari – chierici e lai­ci – che ne gestiscono i diversi am­biti, con una modalità spesso defi­nibile come “aziendale”».

Se un’apertura c’è sulla possibi­lità dei laici, in via eccezionale, celebrino alcuni riti religiosi, dal Vaticano arriva il disco rosso sull’ipotesi che laici, singoli o in gruppi, diventino parroci in sen­so stretto. Il ruolo di consacrato e celebrante sarà sempre assegna­to a un sacerdote e, nel caso di impossibilità di averne uno a tem­po pieno, a sovraintendere alla vi­ta della parrocchia ci sarà comunque un presbitero a coordinare su delega del vescovo.