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Ultima relazione Dia – IN CAPITANATA LA “QUARTA MAFIA” ALLEVA LE NUOVE LEVE. SEMPRE PIÙ AFFARISTICA. PEGGIORATA LA SITUAZIONE

«A Foggia e nel Foggiano una più evoluta mafia degli affari va a coniugarsi col familismo tipico dei clan, dov’è evidente l’incapacità di darsi una configurazione gerarchica condivisa (fa eccezione la mafia cerignolana); e con la propensione mutuata dal mondo agro-pastorale e dalla camorra cutoliana a garantire con particolare efferatezza il rispetto delle regole nei rapporti interni tra le diverse organiz­zazioni criminali».

Così l’ultima relazione della Dia che rimarca ancora come «quella foggiana è una realtà criminale di cui non vanno sottovalutate le potenzialità: è connotata da una spiccata vocazione imprenditoriale, in cui re­stano chiari i segnali di strategie delittuose di più ampio respiro e con una tendenza anche a operare fuori regione specie per il traffico di droga e per il riciclaggio di capitali» (senza dimenticare l’affare pizzo che a Foggia resta la principale entrata della «Società» come di­mostrano del resto indagini e le rituali sta­gioni delle bombe).

Una mafia che ha peraltro una significativa ingerenza nel­la gestione della cosa pubblica» (viene ricordato come nel secondo semestre del 2019 siano stati sciolti per sospette infiltrazioni malavitose i consigli comunali di due grandi centri come Cerignola e Manfredonia, che seguono gli scioglimenti de­gli anni prima dei consigli comunali di Monte Sant’Angelo prima e Mattinata poi) «creando complesse reti relazionali di amicizie, fre­quentazioni e cointeressenze tra amministra­tori comunali, dipendenti dell’ente ‘ locale e soggetti appartenenti o contigui a famiglie mafiose.

Arresti e decimazioni degli organici dei clan hanno imposto la- necessità nelle batterie di reperire la manovalanza tra i gio­vanissimi, i cosiddetti duemila, ormai rego­larmente impiegati dalle consorterie nel racket e nelle rapine». Ecco in estrema sintesi la fotografia che ha scattato la Direzione in­vestigativa antimafia nell’ultima relazione (se­condo semestre del 2019) della situazione della criminalità organizzata nel Foggiano e sulla lotta ai clan, una trentina quelli censiti su tutto il vasto territorio.

Una mafia sempre più af­faristica; che non dimentica il suo Dna par­ticolarmente violento; che aumenterebbe l’in­gerenza nelle amministrazioni locali; e che sta allevando le nuove leve, i mafiosi di domani: è questo l’ennesimo allarme della Dia, che da febbraio scorso ha peraltro anche una sede a Foggia. Semestre dopo semestre la situazione è peggiorata, come raccontano le ultime 8 re­lazioni della Dia su quella che nel 2017 l’allora procuratore nazionale antimafia Franco Ro­berti definì la «quarta mafia d’Italia» dopo Cosa nostra, ’ndrangheta e camorra; e in cui con­fluiscono tre distinte organizzazioni spesso in affari tra loro: «Società foggiana», mafia cerignolana e mafia garganica.

PRIMO SEMESTRE 2016 – «La ciclicità con cui le consorterie mafiose di Foggia si con­trastano» scriveva la Dia «è sintomatica dell’as­senza di un organo verticistico territoriale, accettato come tale dalle batterie già federate nella “Società” e in grado di garantire gli equilibri interni anche attraverso la gestione ‘“ordinata” delle attività illecite, in particolar modo del racket».

SECONDO SEMESTRE 2016 – «La “Società” e la mafia garganica impattano con inusitata violenza nel Foggiano dove continuano a re­gistrarsi attentati dinamitardi e incendiari a imprenditori e esercizi commerciali. I clan attingono alle giovani leve reclutate con ruoli marginali ma funzionali a custodia di droga e di armi. Il tutto in un ambiente omertoso e violento».

PRIMO SEMESTRE 2017 – «Il quadro cri­minale della provincia di Foggia» scriveva la Dia «è quello che desta in Puglia maggiore allarme sociale, dove andranno fatti più in­vestimenti in termini di personale da im­piegare nel dispositivo di contrasto. L’assenza di un organo verticistico condiviso che possa dettare una strategia unitaria determina uno stato di costante fibrillazione nelle singole aree. Foggia e provincia restano una delle poche realtà a non aver fatto registrare la presenza di collaboratori di Giustizia; e quella col maggior numero di omicidi non scoperti. La nutrita presenza di gruppi albanesi operativi nel Fog­giano è la riprova di come l’intera provincia sia diventata uno degli snodi fondamentali del narcotraffico nazionale».

SECONDO SEMESTRE 2017 – «Gli aggregati criminali del Foggiano, fortemente parcelliz­zati e spesso antagonisti, pur soffrendo la forte azione di contrasto giudiziario, si mantengono vitali e pronti a nuove sfide affaristiche anche in contesti internazionali (approvvigionamento droga e armi) dove si impongono con rinnovata autorevolezza. A Foggia il clan Sinesi/Francavilla si troverebbe in un momento di estrema difficoltà, fortemente indebolito e sostanzial­mente impossibilitato ad agire per la deten­zione dei suoi vertici e sembra anche risentire della mancanza di appoggio da parte dei so­dalizi alleati. Il gruppo rivale Moretti/Pellegrino/Lanza pur colpito da arresti, avrebbe invece assunto un molo potenzialmente do­minante, dimostrandosi dinamico nell’assecondare le mire espansionistiche del suo vertice e capace di interagire coi gruppi criminali più forti di San Severo, Gargano, campani e ca­labresi».

PRIMO SEMESTRE 2018 – «L’infiltrazione criminale nell’economia legale pugliese si registra nel comparto agroalimentare, in par­ticolare nel Foggiano. Il fenomeno mafioso in Capitanata continua a essere segnato dalla presenza di tre distinte organizzazioni: “So­cietà”, mafia garganica, mafia cerignolana che hanno mostrato un’evoluzione, seppure em­brionale, che le vede propendere verso un’unica strategia operativa. Ciò sembrerebbe confer­mato in primo luogo dalla valenza sempre più strutturale dei legami d’affari, specie nella gestione sinergica dei traffici di armi e droga, nonché del riciclaggio; e in secondo luogo dalla centralità della “Società foggiana” che, at­traverso un’importante rete di contatti tessuti in tutta la provincia, proietta le proprie stra­tegie criminali anche fuori dalla città».

SECONDO SEMESTRE 2018 «Nella mafia foggiana sono riscontrate forme di emulazione dei “comportamenti” ‘ndranghetisti: analoghi rituali di affiliazione, ripartizione dei ruoli qualifiche e gerarchie definite con il gergo tipico della criminalità calabrese. Tuttavia l’ef­feratezza con la quale la criminalità orga­nizzata dauna continua a manifestarsi costi­tuisce, ad oggi, il netto discrimen con la ‘ndrangheta, che sembra invece preferire una presenza silente sul territorio evitando azioni eclatanti. La “Società foggiana” ha assunto una posizione di centralità attraverso la progres­siva espansione nei territori della provincia e la ricerca di convergenze finalizzate ad una ge­stione monopolistica delle attività illecite e in particolare dei traffici di droga: il territorio è uno snodo fondamentale nel mercato della marijuana, sia che l’approvvigionamento av­venga dall’Albania, che avvenga da piantagioni locali».

PRIMO SEMESTRE 2019 – «Nella provincia di Foggia» scrivono gli investigatori «c’è un contesto ambientale omertoso e violento. L’as­soggettamento del tessuto socio-economico è il risultato della diffusa consapevolezza che la mafia del Foggiano è spietata e punisce pe­santemente chi si ribella. Il fenomeno mafioso è avviato verso forme più strutturate e siste­matiche di organizzazione. Si configura una tendenza al superamento di quelle forme di instabilità e conflittualità tipiche della camorra campana, cui la mafia foggiana è legata per ragioni di criminogenesi, per protendere verso nuovi assetti organizzativi, più consolidati e fondati su strategie condivise, emulando in tal modo, anche in un’ottica espansionistica, la ‘ndrangheta. Le indagini dimostrano inoltre come anche nella provincia di Foggia si stia consolidando un’area grigia, punto di incontro tra mafiosi, imprenditori, liberi professionisti e apparati della pubblica amministrazione. Una “terra di mezzo” dove affari leciti e illeciti tendono a incontrarsi, fino a confondersi. Lo scioglimento dei consigli comunali di Monte Sant’Angelo e Mattinata, nonché quelli di Manfredonia e Cerignola intervenuti a ottobre 2019, sono indicativi di questa opera di contaminazione. Inoltre numerose sono state le interdittive antimafia della prefettura di Foggia nei confronti di soggetti vicini ai sodalizi e operanti nei più svariati settori dell’economia, tra cui appalti pubblici, edilizia, tutela dell’am­biente e gestione dei rifiuti».