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12 OTTOBRE/ IL NUOVO E IL VECCHIO

Ciò che contraddistingue le menti veramente originali non è l’essere i primi a vedere qualcosa di nuovo, ma il vedere come nuovo ciò che è vecchio, co­nosciuto da sempre, visto e trascurato da tutti.

FRIEDRICH W. NIETZSCHE

L’osservazione del filosofo tedesco Friedrich W. Nietzsche, che per altro non fu sempre coerente con la convinzione espressa in que­ste sue righe, merita attenzione soprattutto ai nostri giorni, spesso definiti come «smemorati». In tutti gli ambiti della vita civile, socia­le, politica, culturale e persino religiosa si è inclini a rincorrere la no­vità. Certo, la vita stessa è un progredire, la ricerca è scoprire sempre nuovi orizzonti, l’esperienza è esplorazione di nuovi territori del co­noscere e del fare. C’è, però, un rischio ed è quello di tagliare le radi­ci o di staccarsi dal tronco secolare della storia.

Liberi da questi legami, a prima vista sembra più agile il nostro movimento, più vivace la crescita, più intensa la capacità di produr­re. Ben presto, però, ci si accorge di essere diventati simili a un albe­ro dal fogliame appariscente e abbondante ma dai frutti bacati e stri­minziti proprio perché manca l’alimento autentico. Ecco, allora, la necessità di rivolgere lo sguardo e di protenderci verso il passato con le sue straordinarie ricchezze di cultura, di esperienza, di spiri­tualità. Vecchio e nuovo sono, certo, in contrappunto, ma non neces­sariamente in contrasto. Anzi, debbono convivere ed essere in conti­nuità, nella consapevolezza che nella scienza come’nella stessa religione non si comincia mai da zero. Cicerone nel suo trattato Brutus, in cui delineava una storia dell’oratoria romana, ammoniva: «Nulla che sia del tutto nuovo è perfetto».

Gianfranco Ravasi